Carolina Girasole da condannata ad osannata

di Antonella Policastrese

girasole

Era il cinque Dicembre quando, con un articolo pubblicato su “Agora Vox, mi interrogavo sulla vicenda di Caterina Girasole, accusata di voto di scambio.

Nonostante i giornali titolassero a tutta pagina la notizia del suo arresto, nel concludere il mio pezzo io affermavo chein fondo la Girasole è una donna e nella mentalità mafiosa le donne non possono ricoprire incarichi di una certa rilevanza. Quest’altra triste pagina di storia merita una riflessione attenta dettagliata che va indagata più a fondo. In Calabria le donne non hanno molte chances. Se volessimo andare un po’ più in là, bisognerebbe accostare la figura di Lea Garofalo morta per mafia e ora quella della Girasole delegittimata forse da quella famiglia che gli aveva garantito sì un pacchetto di voti, ma che molto probabilmente per qualcosa che si è inceppata è stata sacrificata sull’altare di quella lotta contro la N’drangheta che lei stessa incessantemente ha sempre portato avanti.

Devo dire che alla lunga i fatti mi hanno dato ragione ed apprendere della sua assoluzione è stato un gran sollievo, segno che le donne, in un territorio del profondo sud, danno il meglio di sè, pagando per il proprio impegno e la caparbietà di stare nelle istituzioni nelle quali si crede e per le quali si lotta.

In quei giorni mi sono sentita una specie di grillo parlante. Le mie parole si son perse come lacrime nella pioggia e nessuno dei grandi giornalisti si è interrogato sul perchè e sul per come dei fatti, su quel dubbio che aveva alimentato le mie riflessioni. Non è facile appartenere ad un sud che rigetta idee, salvo a specularci sopra; sud dove le notizie copertina sono quelle che determinano il corso della storia e provare a guardare la realtà oltre  i fatti da una diversa angolazione ti può far valere l’etichetta di matta o di povera illusa.

Una roccaforte la Calabria di interessi determinati, con un palcoscenico popolato da attori scelti, che non brillano di certo per bravura ma per la capacità che hanno di recitare un copione già scritto e guai dall’allontanarsi di una virgola mettendoci del proprio.

Infatti ciò che affermavo era:  Paradossale poi che quella stessa donna con veemenza e determinazione gridasse forte il suo no alla logica del padrino e scendesse in prima linea con manifestazioni e azioni da far sembrare che qualcosa stava cambiando.Fingeva dunque e mentiva sapendo di mentire?

Certo che no. Ci sono donne che agiscono ascoltando se stesse e questo loro modo di fare diventa la loro condanna, in quanto non è contemplato andare aldilà di un certo clichè, specie in una realtà come quella dove la sindaca aveva vissuto e che si era illusa di cambiare.

Quanto è costato a Caterina Girasole aver agito in trasparenza e cosa ha dovuto sopportare in questi lunghissimi anni, accusata ad arte proprio per non aver voluto tradire i suoi principi, da donna delle istituzioni?

Oggi quei personaggi che avrebbero dovuto porsi il problema si riempiono la bocca plaudendo al verdetto di assoluzione. Ma all’epoca tutti zitti e ben allineati, specie i mestatori di un’informazione che anche quaggiù assume spesso e volentieri i connotati di una farsa dove si gioca per un carrierismo insito in gente che ha fretta di bruciare le tappe e far carriera. Anomalie, paradossi che dimostrano  quanto siamo indietro, ma che ci fanno capire una cosa: informare non è un optional. Affermare il senso della verità è una priorità che va ben oltre il semplice fatto di elaborare la notizia. Se non hai la capacità di entrarci dentro meglio lasciar correre. Il teorema Carolina Girasole, vittima di un ambiente chiuso e retrivo come quello calabrese è, pone ancora una volta domande ed  impone un bel “mea culpa” di quanti hanno una visione così ristretta della realtà da essere ciechi ed orbi.

Antonella Policastrese

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Carolina Girasole da condannata ad osannata

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