Finanziamenti pubblici

di C.Alessandro Mauceri

vocidalmondo

partitiQuella dei finanziamenti pubblici ai partiti politici è una storia sporca e che risale a molto, molto tempo fa.
C’era una volta (le favole non cominciavano sempre così?) una legge che prevedeva che si dovessero dare soldi ai partiti per il solo fatto che esistevano. Una legge strana e, per molti versi, ingiusta. Tanto che gli italiani, utilizzando l’unico strumento di democrazia diretta esistente, il referendum popolare, chiesero al Parlamento di abrogarla. Nel 1993, la legge fu abrogata, ma i vari esemplari di homo politicus che vivono in Parlamento non potevano non curare li interessi (bancari) dei loro partiti. Così l’anno dopo, nel 1994, il Parlamento trovò il modo di tornare a finanziare i partiti politici; e sempre con i soldi degli italiani. Lo fece approvando una “nuova” legge che prevedeva aiuti finanziari ai partiti come “contributo per le spese elettorali”. In pratica, i partiti avrebbero ricevuto soldi pubblici come rimborso per le spese sostenute per le varie tornate elettorali.
Rimborsi che, come hanno dimostrato diverse indagini e inchieste, vennero elargiti in modo a dir poco leggero e criticabile.

Così, nel 2014, dopo anni e anni di polemiche e di critiche e, si dice, anche per evitare un nuovo referendum abrogativo, l’allora capo del governo Enrico Letta portò in Parlamento una “nuova” legge con la quale i contributi elettorali venivano abrogati definitivamente. In cambio, i partiti sarebbero stati finanziati grazie al contributo volontario del due per mille della denuncia dei redditi. Ma non basta. Sempre per favorire i partiti, questi aiuti sarebbero stati incassati da subito (ovvero dalla denuncia dei redditi 2015) mentre i contributi elettorali sarebbero stati aboliti definitivamente solo nel 2017.
Per evitare ulteriori strascichi, la legge prevedeva, pero, che i contributi elettorali ai partiti sarebbero stati concessi solo dopo che una specifica commissione per la trasparenza sui bilanci dei partiti avesse emesso parere positivo relativamente alle elezioni.

Come al solito, però, i partiti hanno fatto le pentole ma non i coperchi. I partiti politici pensavano che, grazia alla nuova legge le loro entrate sarebbero aumentate. E non poco. Nessuno si aspettava che gli italiani, forse perché stanchi del loro modo di fare (anzi forse sarebbe meglio dire di imporre) politica, avrebbero deciso di non dare un centesimo ai partiti. Invece è proprio ciò che è avvenuto. Lo hanno confermato i dati diffusi dal Ministero del Tesoro: alla scadenza per la presentazione delle proprie denunce dei redditi, i contribuenti che hanno deciso di destinare il due per mille ai partiti politici sono stati solo 16.518 (su un totale di 41 milioni di contribuenti e potenziali elettori). In questo modo, sono finite nelle casse dei partiti solo 325.711 euro. Un’inezia rispetto alle luculliane (e milionarie) entrate che i partiti avevano incassato grazie ai contributi elettorali.

Ma non basta. La “specifica commissione per la trasparenza sui bilanci dei partiti” ha fatto presente agli uffici di presidenza delle due Camere di non essere nelle condizioni di esercitare il controllo sui rendiconti a causa della mancanza di personale. I partiti presenti in Parlamento non sono stati in grado nemmeno di organizzarsi e fornire il personale alla Commissione. E senza il parere della commissione, nelle casse dei partiti non può entrare nemmeno un centesimo. Lo dice la legge. Quella voluta, scritta e approvata dagli stessi partiti.
Un problema serio soprattutto perché molti dei partiti, nonostante i milioni e milioni di contributi incassati negli anno passati e le varie agevolazioni di cui dispongono, navigano (inspiegabilmente) in cattive acque: secondo il report di Augello (Ncd) solo la sede capitolina del Partito democratico avrebbe debiti che si avvicina a 600 mila euro; analoga la situazione per Sel, FI e Rifondazione che hanno voragini. E la situazione di altri partiti non è migliore.
Come fare, quindi, per “sanare” questa situazione (e far entrare soldi nelle casse, vuote, dei partiti)? Ci ha pensato Teresa Piccione, deputata del Pd, che ha proposto al Parlamento e alla commissione Affari costituzionali della Camera, una “soluzione all’italiana”.

Con una “leggina” ad hoc, il Parlamento, per evitare che i fondi 2015, distribuiti in base ai rendiconti 2013, non siano concessi ai partiti, dovrebbe accettare che le spese sostenute dai partiti non vengano analizzate. Più semplice di così….

In altre parole la Piccione ha proposto che fatture e scontrini presentati a corredo dei bilanci dei partiti relativi alle elezioni del 2013 (quelle basate – è bene ricordarlo sempre – su un sistema elettorale già dichiarato incostituzionale) non vengano “giustificati”, non siano passati al setaccio, ma siano accettati “in buona fede” dalla commissione a questo scopo creata.
Ma non basta. Dato che la proposta di legge potrebbe essere votata non prima di questo autunno, l’”onorevole” ha pensato bene di pensarla retroattiva: in questo modo i partiti potranno prendere i soldi con un po’ di ritardo, ma non rischieranno di perderli.

Poco importa se i “normali” cittadini devono dimostrare, certificare e pagare per ogni respiro (dalle spese per gli immobili, che sono lievitate vertiginosamente negli ultimi anni, alle certificazioni energetiche, ai “libretti” per le caldaie fino all’ultima trovata del governo Renzi – quello – che aveva promesso che non avrebbe aumentato le tasse – fino all’ultimo, il libretto per i condizionatori). Poco importa se molte imprese devono adire le vie legali per recuperare i crediti che vantano nei confronti dello stato (si parla di decine di miliardi di euro).
Invece, i partiti, se la “leggina” proposta sarà approvata, potranno appropriarsi di decine e decine di milioni di euro degli italiani (perché di queste cifre si tratta e non dei bruscolini che i contribuenti hanno versato con il due per mille) senza nemmeno dire per cosa li hanno spesi…

Un modo di fare sporco che rende ancora più sporca, se possibile, la faccenda dei soldi degli italiani che da decenni finiscono nelle casse dei partiti e di cui non si sa più niente (tornano in mente i diamanti della Lega …).
Una favola che sta diventando un dramma e per il quale non è stata ancora scritta la parola FINE.

C. Alessandro Mauceri

CAlessandro Mauceri

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