Il caso. “Sottomissione” e l’Europa senza sogni di Houellebecq

di Augusto Grandi

BARBADILLO

SottomissioneCopertina-e1424365420256-310x212Sottomissione: il libro peggio recensito della storia, anche perché la maggior parte dei recensori non lo aveva neppure letto. Ci si attende il solito Houellebecq, con scrittura celiniana, e ci si ritrova alla prese con un romanzo scritto facile facile. Con qualche scena di sesso più o meno estremo per épaterlesbourgeois, ma nulla di più. Un romanzo dove conta il contenuto, non la forma. Anti islamico? Per nulla.

Houellebecq è un tipico intellettuale francese, disilluso, arrabbiato forse più con se stesso che con il mondo. Rassegnato, probabilmente. Ed anche nei libri precedenti ha descritto questa caduta nel nulla dell’intellettuale, privo di riferimenti, privo si ideali. Abbrutito e triste. Caratteristiche che contraddistinguono il protagonista di Sottomissione, un docente universitario che sa di avere già dato il meglio di sé. Non spera in nulla, tutto gli scorre addosso. Ma in questa sua indifferenza deve fare i conti con il successo di un partito islamico moderato al ballottaggio con il Front National di Marine Le Pen.

E qui cominciano i segnali, le anticipazioni ed i moniti dello scrittore. Perché vincono gli islamici? Perché, come si è visto anche nelle recenti elezioni suppletive in Francia, di fronte al rischio di successo lepenista, si crea un “fronte repubblicano” di tutti gli altri partiti e movimenti. E questo, in Sottomissione, si verifica e porta al successo il partito islamico. Pericoloso? Dipende da cosa si intende.

Nessun massacro, nessuna sharia, nessun assalto a chiese cattoliche. Ma intervento drastico sulla scuola e sull’università. Perché, a differenza di chi promette rinascimenti scolastici a costo zero, nel romanzo gli islamici investono tantissimo nella formazione e dell’istruzione. Per preparare i francesi del futuro a loro immagine e somiglianza. Dunque nell’università pubblica nessun posto per chi non è islamico. Ma pensioni d’oro ai docenti estromessi: tanto il loro interesse è solo legato ai soldi, non alla preparazione degli allievi. Sì, allievi, perché le studentesse sono ridotte ai margini.

Che fare, dunque? Il protagonista si rifugia nel sesso più triste. Sino a quando il “sistema” non decide di recuperarlo, di avvalersi delle sue competenze. Perché la nuova classe dirigente islamica ha bisogno assoluto di qualità e, non avendola, la acquista. Come una merce qualsiasi. Il protagonista, ovviamente, accetta. Attirato da retribuzioni da favola e dalla prospettiva di avere tre mogli dopo la conversione.

Un semplice intellettuale venduto? Parrebbe, ma non è così. Perché Houellebecq instilla il dubbio, nel lettore. Racconta di identitari che, delusi dal nulla della declinante civiltà francese, si rivolgono all’Islam per cercare un’identità ed un percorso. Ricorda la conversione di Guénon, cita Nietzsche. L’Islam appare quasi come la via obbligata per chi cerca la Tradizione. Non solo per chi cerca più mogli. Ma è anche un discorso classista. La Francia islamizzata diventa molto più povera, con la delinquenza ridotta al minimo – e non si capisce se la repressione è stata feroce o se i picchi di delinquenza precedenti fossero stati creati ad arte per provocare panico e reazione – e con una povertà diffusa ma dignitosa. Nessuno deve morire di fame, ma le ricchezze ed il benessere deve essere riservato solo alle classi dirigenti. Strade sporche, ferrovie disastrate, imprenditori sempre più ricchi ed intellettuali riveriti. Ragazze che si sposano a 13 anni, che frequentano corsi per essere buone mogli e madri. Un mondo diverso da quello della Parigi e dell’Occidente di oggi. Con il dubbio se la situazione odierna sia proprio migliore, con intellettuali servi oppure ignorati, con una classe imprenditoriale fallimentare, con pochi speculatori sempre più ricchi e con masse sempre più povere e pure alla fame ed alle prese con la ricerca del cibo nei cassonetti dell’immondizia. Un’Europa senza valori, senza sogni, senza idee. Un’Europa che ha rinnegato se stessa nel nome del buonismo politicamente corretto, priva di una identità, che si vergogna del proprio passato. Una deriva che, per Houellebecq, non può che avere l’esito descritto in Sottomissione.

Augusto Grandi

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