Il debito pubblico aumenta nel mare delle promesse infrante

di C.Alessandro Mauceri

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ROMA – Mentre si fa un gran parlare della volontà del governo di intervenire militarmente in Libia (dimenticando che una simile decisione spetta al Parlamento e non al governo), nessuno parla di un altro pericolo, sotto molti aspetti ben maggiore: il debito pubblico.

Nonostante le promesse e le frasi altisonanti o inglesizzanti (tipo “Spending Review” per indicare una “modifica della spesa”), il debito del Bel Paese continua a crescere: alla fine del 2013 il debito pubblico ammontava alla spaventosa cifra di 2.068,7 miliardi di Euro, un anno dopo (31 dicembre del 2014) è salito a 2.134,9 miliardi.

Una cifra terrificante che continua crescere, anno dopo anno, e che non causa il “collasso” dello Stato solo grazie alla  continua sottoscrizione di prestiti da parte delle banche. È questo il vero motivo per cui l’Italia, e molti altri Paesi europei, si sottomettono al dominio delle banche:  in cambio, molte di queste continuano a sottoscrivere “con continuità, in ogni condizione di mercato, le aste di emissione dei titoli, nonché a sostenere il mercato secondario regolamentato con una presenza costante in quotazione su una molteplicità di titoli”, come ha detto Maria Cannata, capo della Direzione del Debito pubblico del Ministero dell’Economia.

Del resto “concedere” questi aiuti per le banche è facile, dato che gli Stati hanno “concesso” alle banche (che controllano la Banca d’Italia, che, a sua volta, con le altre banche centrali, controlla la BCE) la possibilità di emettere moneta, creandola praticamente dal nulla e “condedendola” in prestito ai singoli Stati.

Il fatto è che alcuni di questi “aiuti” sono delle vere e proprie mine vaganti. Come i derivati. In pratica vere e proprie scommesse (a volte molto azzardate). A pronunciare questa parola torna in mente lo scandalo di pochi anni fa quando emerse che molte amministrazioni pubbliche erano riuscite a sopravvivere solo grazie a questo rischiosissimo strumento finanziario.

Col tempo, comuni e regioni hanno cercato di ridurre il proprio indebitamento in derivati. Lo Stato, invece, pare non essersi reso conto dei rischi correlati a questo strumento finanziario perverso: alla fine del 2014 i derivati in portafoglio per la gestione del debito emesso dalla Repubblica Italiana ammontavano ancora a circa 163 miliardi di Euro, ha detto la Cannata. Una cifra spaventosa che è pari al doppio del fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (65,8 miliardi). (dati Bankitalia).

Una decisione, quella presa dagli ultimi governi, che costa agli italiani miliardi di Euro ogni anno:  come ha riferito la Cannata in commissione Finanze alla Camera, al settembre 2014, il “conto negativo potenziale” per lo Stato derivante dall’acquisto di derivati si aggirava intorno ai 36,87 miliardi. Per di più, una cifra che rappresenta “poche tipologie di derivati, funzionali agli obiettivi strategici di riduzione debito”.

In altre parole, il governo (ma in questo le decisioni di tutti gli ultimi governi non sono state diverse) per far sembrare minore il debito del Bel Paese, hanno speso oltre 36 miliardi di Euro in perdite a causa dei derivati. Casualmente nessuno ha fatto notare che questa cifra corrisponde, quasi esattamente, con l’importo della manovra finanziaria del “nuovo che avanza”…

C.Alessandro Mauceri

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Il debito pubblico aumenta nel mare delle promesse infrante

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