La “bolla” dell’euro.

di Roberto Nardella

bollaA cosa si deve l’aumento di valore dell’euro a cui stiamo assistendo da parecchi mesi? E sta accadendo nonostante la riduzione dei tassi operata ben DUE volte negli ultimi 6 mesi dalla BCE.

La massima parta del Popolo potrebbe pensare che è l’espressione della forza di eurolandia che grazie al traino tedesco e alle esportazioni extra UE impone il valore della moneta comune.

Noi sappiamo che non è così: l’economia dell’intera UE è in grosse difficoltà e alcuni Paesi sono in gravissima crisi. Oramai non è più un problema marginale relativo alla periferia e ai piigs.

Generalmente i tassi vengono “tagliati” per stimolare l’economia allentando i cordoni della borsa: Il denaro meno caro viene più facilmente preso a prestito, almeno dovrebbe. Quando si tagliano i tassi significa che le cose NON vanno poi così bene e si fa ciò ANCHE per far scendere il valore della moneta in modo da rendere più competitive le esportazioni. Ma l’euro, dopo una discesa di poco conto avvenuta subito dopo la sforbiciata di 0,25, ha ripreso a salire, rendendo vana quella che potrebbe considerarsi l’ultima cartuccia nelle mani di Draghi: il tasso della BCE allo 0,25% ha margini al ribasso davvero ridicoli. Delle prime cinque economie di euro-zona la sola Germania non è ancora in crisi conclamata. La Francia, seconda economia del continente è in profonda crisi; l’Italia, terza, anche peggio; la Spagna, quarta, ancora di più; l’Olanda, quinta, anch’essa è in ginocchio. Penso sia inutile sottolineare le condizioni di Grecia, Portogallo, Irlanda, Slovenia e Cipro, finite TUTTE sotto le “amorevoli” cure di UE e del FMI: per esperienza sappiamo che quando arrivano i garanti del capitale internazionale le cose peggiorano esponenzialmente.

Posso affermare che l’intera Europa è in deflazione: 500 milioni di cittadini stanno consumando di meno, raffreddando enormemente il ciclo economico. Tutto ciò non può non influenzare gli altri mercati, a partire dagli emergenti.

Il raffreddamento dei consumi nella parte più ricca del pianeta (26% del PIL mondiale) ha forti ripercussioni sulle esportazioni. Minori importazioni in una Europa in deflazione corrispondono a minori esportazioni dal resto del globo. Negli emergenti gli investimenti calano parallelamente alla contrazione dell’export.

Hedge found, capitalist venture, multinazionali e semplici facoltosi cittadini rivedono i loro piani di investimento. Le quote societarie, il denaro detenuto in titoli di debito, in azioni o altro che è investito ad esempio in India, Brasile, Indonesia ecc viene convertito in valute forti, indebolendo pesantemente le valute di provenienza. Seconda legge dell’economia: poca richiesta fa abbassare il prezzo, che sia Oro, Grano, petrolio o…valuta. Di converso, da un indebolimento di Rupia indiana, Real brasiliano ecc assisteremo ad un apprezzamento di quelle valute forti in cui sono state cambiate. Prima legge dell’economia: molta richiesta fa alzare il prezzo.

La prigione del QE

Il Quantitative Easyng (alleggerimento quantitativo) è il programma statunitense di riacquisto del proprio debito pubblico; ciò avviene immettendo nel circuito monetario altra valuta. Ideato qualche anno fa, è giunto alla sua versione 3.0. Da parecchi mesi la FED sta immettendo nel circuito monetario $ 85 miliardi ogni MESE di nuova valuta. La perdita di valore del dollaro è relativa a questa operazione che però, come stiamo vedendo, NON genera inflazione.

Voglio chiarire meglio questo concetto. Il debito pubblico USA è pressappoco il 100% del PIL, pari a $ 17.000 miliardi. Nel tentativo di farlo scendere la FED “compera” titoli di debito pubblico in scadenza , togliendoli dal mercato e liquidando il controvalore con “moneta elettronica” appena creata. A molti sembrerà strano ma è così. Il tutto per un importo mensile pari a 85 miliardi di dollari americani. Questa operazione non genera inflazione poiché quell’immane massa di denaro appena creato va a finire nelle mani di poche persone: il 99% della popolazione NON avrà maggiori introiti e, come sappiamo molto bene, l’inflazione sale solo se simultaneamente una considerevole percentuale della popolazione spende di più dello standard. La quasi totalità di quei dollari sta entrando a gonfiare i corsi borsistici di mezzo pianeta: i nuovi massimi storici degli indici azionari USA (ma non solo) sono relativi NON ad una ritrovata fiducia nell’economia globale ma all’eccesso di liquidità che cerca investimenti remunerativi. L’ennesima bolla si sta creando sotto i nostri occhi.

Il QE non finirà MAI.

Sappiamo che il 75% delle Nazioni al mondo ha i suoi titoli di debito obbligazionari denominati in dollari. Cosa accadrebbe alle Nazioni più deboli se il dollaro si rivalutasse? Avremmo tutta una serie di default statali multipli, a cominciare dai Paesi più colpiti dalla crisi o più poveri, poiché quella rivalutazione farebbe CRESCERE abnormemente l’esposizione debitoria e NON per nuovo debito contratto ma solo perché quel debito ti costerebbe tanto, troppo di più. Alla FED questo lo sanno: potranno ridimensionare il QE, avviando il “tapering”, la riduzione progressiva del riacquisto di debito, solo quando l’economia globale sarà in pieno “tiro”, permettendo a quei Paesi a rischio di bilanciare il maggior costo del debito con una maggiore crescita. Al momento è una condizione che mi sento pienamente di escludere. Da qui nascono le divergenze tra USA ed UE: con un’Europa in piena deflazione è IMPOSSIBILE che l’economia globale cresca nel modo e nei tempi che servirebbe loro.

Questo è il motivo per il quale l’euro si sta gonfiando: gli attori che ho nominato prima stanno comprando debito statale europeo, moneta-euro e aziende, tante aziende. Tutte quelle aziende europee (ma non solo) stritolate dalla crisi che, per giunta, sono a prezzo di svendita. Per acquistare un asset europeo devi prima comperare euro. Prima legge dell’economia: molta richiesta fa alzare il prezzo.

A causa della politica di deflazione violenta auto-imposta dalla UE, voluta dal socio di maggioranza Germania, ci troveremo con una valuta rara e costosissima.

Stiamo facendo la fine dell’Inghilterra nel 1925, quando Churchill fece rivalutare la sterlina alla parità aurea precedente la prima guerra mondiale con i risultati che sappiamo: riduzione generalizzata di costi e prezzi per far fronte alla concorrenza mondiale.

Roberto Nardella

Roberto Nardella

La “bolla” dell’euro.
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2 pensieri su “La “bolla” dell’euro.

  • 4 Dicembre 2013 alle 09:46
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    Buongiorno signor Nardella……
    io che ho US298785DV50
    BEI 36 USD 4,875 – Rating AAA (S&P)
    Acquistati a 1.334 euro-dollaro

    allora come dice Lei il dollaro si rivaluta e euro scende

    deduco che NON sia da VENDERE!!!!!

    grazie anticipatamente

    Rispondi
    • 4 Dicembre 2013 alle 10:47
      Permalink

      Il signor Valter chiede consulenza finanziaria, non so se Nardella può rispondere, non è un quotidiano prettamente finanziario… 🙂 Jak

      Rispondi

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