Voci di libertà

di Viliana Cancellieri

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          La Giornata Mondiale del Teatro, creata a Vienna nel 1961, è una ricorrenza voluta dall’Istituto Internazionale per il Teatro dell’Unesco che intende valorizzare la cultura teatrale nel mondo. In un centinaio di paesi del mondo, L’I.T.I. cerca “di incoraggiare gli scambi internazionali nel campo della conoscenza e della pratica delle Arti della Scena, stimolare la creazione ed allargare la cooperazione tra le persone di teatro, sensibilizzare l’opinione pubblica alla presa in considerazione della creazione artistica nel campo dello sviluppo, approfondire la comprensione reciproca per partecipare al rafforzamento della pace e dell’amicizia tra i popoli, associarsi alla difesa degli ideali.”         Ogni anno, nel mese di marzo, una personalità del mondo del teatro è invitata a condividere le proprie riflessioni sul tema del Teatro e della Pace tra i popoli. Questo, che viene chiamato “il messaggio internazionale”, è tradotto in diverse lingue ed è letto davanti a decine di migliaia di spettatori prima della rappresentazione in più teatri del mondo, è stampato nelle centinaia di quotidiani ed è diffuso da radio e televisione sui cinque continenti.
È un’opportunità per gli artisti della scena di condividere, con il pubblico, una certa visione della loro arte e il modo con cui quest’arte può contribuire alla comprensione e alla pace tra i popoli. Alla diffusione del messaggio internazionale vengono ad aggiungersi numerosi avvenimenti fino alla grande celebrazione popolare.
Jean Cocteau fu l’autore del primo messaggio internazionale nel 1962.
Di seguito alcune delle splendide riflessioni di grandi artisti:

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Salvatore Quasimodo – IV “Giornata Mondiale del Teatro” (31 marzo 1965):
La decisione di dedicare ogni anno una giornata mondiale al teatro potrebbe far pensare a una sua crisi. C’è dunque bisogno di una celebrazione? Non si può parlare mai di crisi in senso assoluto delle forme creative: forse di rotazione, sia per i movimenti politici o ideologici della storia, sia per le distrazioni che allontanano l’uomo dai suoi problemi esistenziali.
Il teatro, in ogni tempo, è stato il riflesso della vita contemporanea – è inutile ricordare i Greci – e per questo di volta in volta cade nelle riserve della censura. Oggi la cronaca dell’uomo non interessa soltanto il suo interno, la psicologia o le discordanze della psiche, la incomunicabilità o meno delle deboli ombre del suo pensiero, ma soprattutto l’urto fra i diversi modi di ordinare la vita, quando questa possibilità gli fosse data da una pace ragionata fra i popoli, che metta le sue radici anche nelle divisioni di razza e sui diritti dell’uomo. L’invito a teatro in questa giornata non dovrebbe essere provvisorio, temporaneo, ma convincere la nuova generazione (aggrappata alle prospettive spettacolari dello sport o alla dispersa vibrazione vocalica delle canzoni) che solo nel teatro troverà il dialogo che definisca la sua probabile sorte fisica. La guerra non è alle nostre spalle, ma proprio nei nostri gesti quotidiani. E qui l’uomo va fermato e avvertito: e non nel segno della speranza, ma attraverso la certezza della sua forza spirituale e civile. Il teatro presume di continuare questo aperto dialogo millenario dell’uno, non contro l’altro, ma per l’altro, vicino o straniero alla sua lingua e al suo costume.

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Augusto Boal – 27 marzo 2009:
Tutte le società umane sono “spettacolari” nella loro vita quotidiana e producono “spettacoli” in occasioni speciali. Esse sono “spettacolari” come forma di organizzazione sociale e producono “spettacoli” come quello che siete venuti a vedere Anche quando non se ne ha la consapevolezza, le relazioni umane sono strutturate in forma teatrale: l’uso dello spazio, il linguaggio del corpo, la scelta delle parole e la modulazione della voce, il confronto di idee ed emozioni, tutto ciò che facciamo sul palcoscenico, lo facciamo nella nostra vita; noi siamo teatro! Non solo matrimoni e funerali sono “spettacoli”, ma tali sono anche i rituali quotidiani, cosí familiari che esulano dalla nostra consapevolezza. Non solo le “cerimonie”, ma anche il caffè del mattino e lo scambio di “buongiorno”, gli amori timidi ed i grandi conflitti passionali, una sessione del Senato od una riunione diplomatica: tutto è teatro. Una delle principali funzioni della nostra arte è il portare alla nostra coscienza questi spettacoli della vita quotidiana, in cui gli attori sono spettatori di sé stessi, in cui il palcoscenico e la platea coincidono. Noi siamo tutti artisti: facendo teatro impariamo a vedere ciò che è evidente, ma che siamo solitamente incapaci di vedere, tanto siamo abituati a guardarlo. Quel che ci è familiare diventa invisibile: fare teatro, al contrario, illumina il palcoscenico della nostra vita quotidiana. Vent’anni fa ho messo in scena “Fedra”, di Racine, a Rio de Janeiro. Lo scenario era povero: per terra pelli di vacca, bambú all’intorno. Prima di cominciare lo spettacolo, dicevo ai miei attori: “La finzione che abbiamo creato giorno per giorno è finita. Quando avrete superato quei bambú, nessuno di voi avrà il diritto di mentire. Il teatro è la verità nascosta”.
Quando guardiamo al di là delle apparenze, vediamo oppressori e degli oppressi in tutte le società, etnie, generi, classi e caste, vediamo un mondo ingiusto e crudele. Dobbiamo inventare un altro mondo, perché sappiamo che un altro mondo è possibile. Ma dipende da noi costruirlo con le nostre mani entrando in scena, nel palcoscenico e nella vita. Assistiamo allo spettacolo che sta per cominciare; poi, a casa vostra con i vostri amici, recitate i vostri “testi personali” e guardate ciò che non avete mai potuto vedere: ciò che è evidente. Il teatro non è soltanto un evento, è una forma di vita! “Attori” siamo noi

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Judi Dench – 2010
La Giornata Mondiale del Teatro ci dà l’opportunità di celebrare il Teatro nella molteplicità delle sue forme. Il Teatro è una sorgente di divertimento e di ispirazione e possiede la capacità di unire tutte le popolazioni e le culture del mondo. È oltremodo importante perché ci offre la possibilità di educare e di informare. In tutto il mondo, il Teatro si rappresenta in qualunque spazio e non solo nei luoghi deputati: alcuni spettacoli possono svolgersi in un piccolo villaggio dell’Africa, ai piede di una montagna dell’Armenia, su una piccola isola del Pacifico. Il Teatro non ha bisogno che di un spazio e di un pubblico. Il teatro possiede il dono di farci ridere, di farci piangere, ma deve farci anche riflettere e reagire. Il Teatro è il frutto di un lavoro di squadra. Noi vediamo solo gli attori, ma c’è un numero stupefacente di persone nascoste, tutte altrettanto importanti, le cui competenze, diverse e specifiche, permettono allo spettacolo di avere luogo. È anche loro una parte di ogni trionfo o successo raccolto. Il 27 marzo è, ufficialmente, la Giornata Mondiale del Teatro; ma ogni giorno dovrebbe essere considerato, in differenti maniere, come una giornata del teatro perché abbiamo la responsabilità di perpetuare questa tradizione di divertimento, di educazione e di edificazione dei pubblici senza le quali non potremmo esistere

NELL'AMBITO DELLA MOSTRA LAZZI SBERLEFFI DIPINTI

Dario Fo – 2013
Tempo fa il potere risolse l’intolleranza verso i commedianti cacciandoli fuori dal paese. Oggi gli attori e le compagnie hanno difficoltà a trovare piazze teatri e pubblico, tutto a causa della crisi. I governanti quindi non hanno più problemi di controllo verso chi si esprime con ironia e sarcasmo in quanto gli attori non hanno spazi né platee a cui rivolgersi. Al contrario, durante il Rinascimento in Italia chi gestiva il potere doveva darsi un gran da fare per tenere a bada i commedianti che godevano di pubblico in quantità.E’ noto che il grande esodo dei comici dell’arte avvenne nel secolo della Controriforma, che decretò lo smantellamento di tutti gli spazi teatrali, specie a Roma, dove erano accusati di oltraggio alla città santa. Papa Innocenzo XII, sotto le assillanti richieste della parte più retriva della borghesia e dei massimi esponenti del clero, aveva ordinato, nel 1697, l’eliminazione del teatro di Tordinona, il cui palco, secondo i moralisti, aveva registrato il maggior numero di esibizioni oscene. Ai tempi della Controriforma, il cardinale Carlo Borromeo, operante nel Nord, si era dedicato a una feconda attività di redenzione dei “figli milanesi”, effettuando una netta distinzione tra arte, massima forza di educazione spirituale, e teatro, manifestazione del profano e della vanità. In una lettera indirizzata ai suoi collaboratori, che cito a braccio, si esprime pressappoco così: “Noi, preoccupati di estirpare la mala pianta, ci siamo prodigati, nel mandare al rogo i testi con discorsi infami, di estirparli dalla memoria degli uomini e, con loro, di perseguire anche coloro che quei testi divulgarono attraverso le stampe. Ma, evidentemente, mentre noi si dormiva, il demonio operava con rinnovata astuzia. Quanto più penetra nell’anima ciò che gli occhi vedono, di ciò che si può leggere nei libri di quel genere! Quanto più la parola detta con la voce e il gesto appropriato gravemente ferisce le menti degli adolescenti e delle giovani figliole, di quanto non faccia la morta parola stampata sui libri. Urge quindi togliere dalle nostre città i teatranti come si fa con le anime sgradite”.
Perciò l’unica soluzione alla crisi è sperare che contro di noi e soprattutto contro i giovani che vogliono apprendere l’arte del teatro si organizzi una forte cacciata: una nuova diaspora di commedianti che senz’altro, da quella imposizione, sortirà vantaggi inimmaginabili per una nuova rappresentazione.

   L’ultimo messaggio, quello del 2014, è di Brett Bailey, drammaturgo, disegnatore, regista teatrale, organizzatore di festival e direttore artistico del Third World Bun Fight.
Il suo è un canto alla forza del teatro, al suo essere corpo e voce della storia, critica del presente, ed esperienza di libertà.

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Brett Bailey
Ovunque vi sia una società umana, l’insopprimibile Spirito della Performance si manifesta. Sotto gli alberi in piccoli villaggi, o sui palcoscenici ipertecnologici delle metropoli globalizzate; negli atri delle scuole, nei campi e nei templi; nei quartieri poveri, nelle piazze urbane, nei centri sociali, nei seminterrati, le persone si raccolgono per condividere gli effimeri mondi del teatro, che noi creiamo per esprimere la complessità umana, la nostra diversità, la nostra vulnerabilità, nella carne vivente, nel respiro e nella voce. Ci riuniamo per piangere e ricordare, per ridere e riflettere, per imparare, annunciare e immaginare; per meravigliarci dell’abilità tecnica e per incarnare gli dei; per riprendere fiato collettivamente di fronte alla nostra capacità di bellezza, compassione e mostruosità. Veniamo per riprendere energia e rafforzarci; per celebrare la ricchezza delle nostre differenti culture e dissolvere i confini che ci dividono. Ovunque vi sia una società umana, l’insopprimibile Spirito della Performance si manifesta. Nato dalla comunità, indossa le maschere e i costumi delle nostre diverse tradizioni; rinforza le nostre lingue, i nostri ritmi e gesti, e si fa spazio in mezzo a noi. E noi, gli artisti che lavoriamo con questo spirito antico, sentiamo il dovere di trasmetterlo attraverso i nostri cuori, le nostre idee e i nostri corpi per rivelare le nostre realtà in tutta la loro mondanità e nel loro splendente mistero. Ma in quest’epoca in cui milioni di persone lottano per sopravvivere, soffrono sotto regimi oppressivi e un capitalismo predatore, o sfuggono conflitti e miseria; in quest’epoca in cui la nostra vita privata è violata da servizi segreti e le nostre parole sono censurate da governi invasivi; in cui le foreste vengono distrutte, le specie sterminate e gli oceani avvelenati: che cosa ci sentiamo in dovere di rivelare? In questo mondo di potere ingiusto, nel quale diversi ordini egemoni cercano di convincerci che una nazione, una razza, un genere, una preferenza sessuale, una religione, una ideologia, un contesto culturale è superiore a tutti gli altri, come si può sostenere che le arti debbano essere svincolate dalle agende sociali? Noi, gli artisti delle arene e dei palcoscenici, ci stiamo conformando alle domande asettiche del mercato, oppure stiamo afferrando il potere che abbiamo: per fare spazio nei cuori e nelle menti della società, per raccogliere le persone attorno a noi, per ispirare, incantare e informare, e per creare un mondo di speranza e di sincera collaborazione?

Riflettiamo…

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In quest’epoca in cui il TEATRO è, dai più, considerato come una semplice forma di svago,
come un bene superfluo e,dunque, non indispensabile …
giova ricordare le parole del grande Victor Hugo:

“Il teatro non è il paese della realtà :
ci sono alberi di cartone, palazzi di tela, un cielo di cartapesta,
diamanti di vetro, oro di carta stagnola, il rosso sulla guancia,
un sole che esce da sotto terra.
Ma è il paese del vero: ci sono cuori umani dietro le quinte,
cuori umani nella sala, cuori umani sul palco”

Ricordiamolo…

Viliana Cancellieri

Viliana Cancellieri

La Giornata Mondiale del Teatro

3 pensieri su “La Giornata Mondiale del Teatro

  • 8 Febbraio 2015 alle 15:07
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    da quando l’ITI per volontà non si capisce bene di chi, ha fatto fuori Perinetti,da quando l’unesco ne ha spostato la sede a Prigi,e da quando…etc
    pare , nella maggior partie dei casi che si stia promuovendo una nuova ipotesi di turismo culturale e nulla più..

    Rispondi
    • 8 Febbraio 2015 alle 15:46
      Permalink

      Ho già avuto modo di spiegare a un amico che questo articolo è stato fatto (indipendentemente da chi promuove l’iniziativa e di come e perchè) per sottolineare, attraverso testimonianze di grandi artisti, il valore e la “potenza” sociale e civile del TEATRO. Penso che, in particolare, il messaggio di Brett Bailey sia SUBLIME. Lo farei declamare in tutti i teatri.

      Rispondi
  • 8 Febbraio 2015 alle 15:08
    Permalink

    trattasi ormai di turismo culturale?

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