La leggenda della sirena
di Antonella Policastrese
Zi Cola era un vecchio dalla barba bianca, i capelli ingrigiti, le mani e il viso consumati dalla salsedine. Trascorreva le sue giornate seduto su una roccia che si apriva a ventaglio sul mare. Quel mare che aveva avuto il potere di trasformare la sua vita, impenetrabile, a volte rabbiosa, altre volte tranquilla, sfiorata da impercettibili aliti di vento. . Quando le ombre della sera cominciavano a danzare sull’acqua che si increspava allungandosi su quello scoglio dove sedeva, Cola estraeva dal suo zaino un flauto e cominciava a soffiarci dentro per intonare su note struggenti un canto libero, quello della sua anima persa nei flutti e tra le onde. Egli sembrava richiamasse con quelle note la figura di una donna, la sua donna amata un tempo, amata adesso, amata fino a quando il soffio della vita lo avrebbe abbandonato lasciando sulla riva soltanto un corpo inerte. Erano ore intense quelle trascorse da Cola nel segreto della notte quando allungava le mani sull’acqua accarezzandola, bagnandosi il viso mentre un filo di voce usciva dal suo petto ruggente per chiamare e vedere Marina uscire come per incanto e avanzare verso di lui per stendersi vicino . Lei rapita un giorno dalle onde, ogni notte ritornava da Cola rimanendogli accanto fino a quando il chiarore del giorno interrompeva la magia di quelle ore ,che trascorrevano troppo in fretta e la vedeva svanire tra quei flutti dentro i quali tuffandosi lei ritornava nella profondità di quel mare che un giorno la fece sua sposa, strappandola al suo letto, privandolo dei suoi baci e delle sue carezze. Cola aveva sempre vissuto a Brucoli. Villaggio di pescatori. Aveva trascorso la sua infanzia sulla spiaggia. mentre il padre aggiustava reti prima di andare a pescare .Con la sua feluca si preparava per inseguire il pesce spada rimanendo giorni e giorni in mare. Il padre di Cola, Carmelo aveva tirato su quel ragazzone da solo dopo che la madre se n’era andata in silenzio da questa vita per una brutta polmonite..Non era stato facile. Spesso a venirgli in aiuto erano state le comari del vicinato che accudivano Cola, ragazzo dagli occhi neri, bello come un dio marino che cresceva in compagnia di quel mare del quale conosceva ogni cambiamento, se il vento soffiava forte o se dovesse venire già pioggia.Non c’erano segreti per lui, anzi quel mare così profondo aveva cullato le sue delusioni, placata la sua rabbia ,acceso il sorriso sulle sue labbra quando i gabbiani in coppia giocando sul pelo dell’acqua lo distraevano, allontanandolo dalla sua tristezza. Cola non aveva mai conosciuto l’affetto di una donna. L’unica :la mamma era sparita troppo in fretta , lasciandogli un gran vuoto dentro, a volte incolmabile infinito, profondo come il grembo del mare,che accoglie in se i più grandi misteri. Trascorreva la vita per quei due uomini soli e Cola cresceva a vista d’occhio con il corpo che si trasformava,come la voce non più da bambino. Da tempo i suoi occhi si erano posati su Marina sua antica compagna di giochi. Avevano trascorso insieme pomeriggi interi sulla spiaggia, rincorrendosi o costruendo castelli di sabbia se il tempo era buono . Insieme poi avevano un loro rifugio e spesso Marina lo prendeva per mano per portarlo in quell’anfratto di scoglio che solo loro due conoscevano. Era un rito propiziatorio, un auspicio :prendersi le mani e giurarsi eterna amicizia prima che l’onda rincoresse e rubasse le loro promesse. Marina crescendo aveva conservato in se quel sorriso solare di eterna bambina che le faceva sorridere anche gli occhi, liquidi cristallini come un mare limpido e azzurro. Aveva un qualcosa di misterioso Marina. Gesti i suoi quando sull’uscio ricamava il suo corredo da sposa , da sembrare quelli di una sirena che accompagnavano il canto melodioso della voce, capace di richiamava per un istante intorno a se i bambini che interrompevano i giochi pur di sedersi intorno,per fare il ritornello a quelle strofe, che invocavano la pietà del mare nel riportare a casa i pescatori al largo della costa. Mare popolato da creature viventi. Sirene, tritoni di cui nessuno conosce l’esistenza, che hanno passioni umane, capaci a volte di innamorarsi, tanto da far vivere quell’amore aldilà del tempo e renderlo eterno, come eterno il continuo andare e tornare delle onde che non conosce il tempo, se non le sue leggi immutabili e imperscrutabili per un comune mortale. Marina in realtà era una creatura che apparteneva all’acqua, nessuno conosceva quel segreto se non la vecchia donna del villaggio che l’aveva vista nascere. Dopo un parto durato due giorni, Marina venne al mondo senza emettere l’ombra di un vagito. Pensavano che la neonata fosse morta e l’anziana donna la prese tra le sue braccia per affidarla al mare Nel momento in cui la donna cominciò ad adagiarla sul pelo dell’acqua Marina emise il suo primo vagito. Non ebbe nemmeno il tempo di gridare l’anziana donna per quel miracolo, che dalle profondità si udì una voce che diceva:la bambina si chiamerà Marina e non appena sarà donna io la sposerò. Che nessuno provi a strapparla a me. La furia di questo mare si abbatterà su tutti voi e il villaggio verrà distrutto.. Figurarsi il terrore che provò la vecchia , anche se alla fine si disse:forse è solo una suggestione, forse sto solo sognando e Marina sarà una ragazza come tutte le altre… Marina non si sentiva infatti diversa dalle sue coetanee. Da piccola aveva goduto dell’amore dei suoi genitori che la coccolavano e l’adoravano come se fosse una piccola regina. Era dolce Marina, non aveva grilli per la testa e il suo amico per la pelle era proprio quel Cola che non mancava mai di proteggerla ed aiutarla qualora ne avesse bisogno. Marina cresceva, Cola diventava uomo, il tempo passava e tra i due l’amicizia presto si trasformò in un sentimento unico, forte, passionale. Un fiore purpureo, sbocciato all’improvviso, dal profumo così intenso da inebriare i sensi.. Si amavano i due ragazzi Sembravano fatti l’uno per l’altra. La conchiglia e il paruro. Così venivano definiti nel villaggio quando li vedevano camminare teneramente su quella riva e si abbracciavano, carezzandosi e baciandosi fino quasi a soffocare. Per loro i giorni erano una continua scoperta. Niente riusciva a dividerli.Erano come lo scoglio e il mare, la riva e l’acqua. Rimanevano su quella spiaggia durante le ore notturne, di serate estive, con una luna che descriveva intorno ai loro corpi un cono di luce così intensa da penetrare nei pori della loro pelle e da attrarli l’uno all’altra. Notti d’amore, notti di sospiri e respiri, di gemiti, di piacere , di anime che si attorcigliavano come i loro corpi frementi che vivevano in quegli aneliti di passione così viva da incantare persino le stelle, che ravvivavano il loro luccichio su quel mare dal profumo di salsedine, all’apparenza calmo ma nel profondo ruggente di rabbia. Nessuno può rompere una promessa e lo spirito di quel mare era sempre più deciso a riprendersi ciò che un tempo aveva fatto vivere:Marina dagli occhi fluidi, dalla voce suadente, da un’anima troppo pura da lasciarla su quella terra popolata da strane creature,e soprattutto tra le braccia di Cola. Cola aveva deciso di sposare Marina, quando il tempo delle due lune avrebbe compiuto il suo giro , puntuale per benedire l’unione di quei cuori amanti. Era quasi pronto l’abito bianco di Marina che lei stessa aveva cucito, con petali di margherite e conchiglie sparse sull’orlo del vestito, abbellito da una coroncina di pietruzze brillanti da sembrare gemme di rugiada… Fervevano i preparativi anche al villaggio. Era ormai quasi tutto pronto. Ma non avevano fatto i conti con la rabbia furiosa che nel mare covava così forte, da spandere l’acqua su tutto il villaggio che si trovò di colpo in balia di quell’onda anomala….. Ricordò la vecchia del villaggio la voce che un giorno aveva sentito e recatasi da Marina la scongiurò di annullare le sue nozze prima che di quel posto non fosse rimasta nemmeno una pietra. Piangendo con il cuore ridotto in pezzi, Marina indossò il suo abito bianco. Il tempo di trovare Cola, baciarlo appassionatamente sulle labbra, stringerlo a se per sentire in un abbraccio il calore di quel corpo così amato dall’odore inconfondibile che la eccitava ogni volta che le si avvicinava. Salì sullo scoglio, quello presso il quale lei e Cola si erano recati molte volte e si buttò in mare. La furia si placò e l’acqua avvolse per sempre Marina dagli occhi brillanti e cangianti come onda quando a riva ritorna e tutto si porta via. Come faceva Cola a darsi pace! Struggente il suo dolore, lama tagliente la perdita di quell’unico e solo amore che gli aveva cambiato la vita, regalata la felicità di colpo svanita ,lasciandolo come un vascello in balia delle onde. Da quel giorno Cola non ebbe più pace. La sua pena si placava quando la notte avanzava dopo aver spento la luce del giorno, e lui si recava in quei luoghi su quello scoglio dove insieme avevano intessuto i fili di quell’amore così grande che mai più avrebbe provato per nessun’altra donna. Ebbe pena lo spirito del mare e in una notte dorata di luna riportò Marina lì dove Cola attendeva senza speranza l’apparire di quella dolce presenza che lo faceva vibrare al suo solo pensiero. Apparve Marina dalle acque e da quel giorno ritornò tutte le notti vicino a Cola, fino a quando in un giorno d’inverno con il vento ruggente lei lo prese per mano per portarlo con sè nel suo mondo di alghe, di coralli di profondità così grande dove nessuno avrebbe loro impedito di stare ancora insieme. Ritrovarono il corpo di Cola inerte, con i suoi miseri stracci bagnati di pioggia. Era soltanto un misero corpo,ma Cola ormai si era ricongiunto a Marina per sempre. Nessuno osi dividere due cuori amanti. Vivranno per sempre uniti da amore che un tempo li aveva legati sulla terra e che nel mare aveva trovato il suo compimento.
Antonella Policastrese