di Alfredo Cosco

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Mi trovo a rileggere una notizia di dicembre 2014, che mi colpì molto.
Totò Cuffaro, detenuto nel carcere dell’Ucciardone, aveva chiesto un permesso per andare a vedere la madre 91 enne gravemente malata di alzheimer.
Il Magistrato di Sorveglianza rigettò il permesso con questa motivazione:
“Il deterioramento congnitivo evidenziato svuota senz’altro di significato il richiesto colloquio poiché sarebbe comunque pregiudicato un soddisfacente momento di condivisione”.
Voglio condividere le riflessioni che feci allora, perché questo non è solo un caso individuale, ma è una metafora del modo barbaro in cui qualcuno intende il diritto.
Un Magistrato di Sorveglianza può prendersi la facoltà di fare una valutazione neuro-psico-cognitiva?
Un Magistrato di Sorveglianza può avere la presunzione di interpretare uno stato patologico -un alzheimer avanzato- per dire che, visto che la madre è particolarmente pregiuidicata mentalmente, il colloquio con il figlio non avrebbe avuto senso?
Ma se su concetti quali la “coscienza” filosofi, religiosi, scienziati si confrontano incessantemente da sempre, e, i migliori tra loro, ammettono che tanto ancora resta non decifrato, come nei casi di coma.
Ma se si sa che uno stato patologico, anche gravemente compromesso, non è tabula rasa, che una persona non è mai una saracinesca abbassata. Che, nella grandissima maggioranza dei casi uno non diventa “Un muro incapace di ‘sentire’ alcunché”, ma piuttosto un complesso caleidoscopio con sfumature di coscienza e di incoscienza.
Se anche le piante “sentono” il modo in cui le tratti e il loro sviluppo ne risente, se ci sono studi che collegano l’uso di certe parole alla reazione dell’acqua.. come si può stabilire per decreto quello che una madre, anche gravemente malata di alzheimer, può “sentire” e può “trasmettere”?
Chi può mettere meccanici confini alle vibrazioni del cuore, al sentimento di una pelle, ai bagliori di lucidità che improvvisamente emergono anche in persone che sembrano sommerse dal buio mentale?
Nessuno può giudicare il sacro e intimo contatto di un figlio e di una madre, anche se gravemente malata di alzheimer. Nessuno può presumere di sapere cosa davvero avverrà e verrà “sentito” in quell’incontro. Nessuno, tanto meno un Magistrato di Sorveglianza, può ostacolare un momento così sacro.
La madre di Totò Cuffaro, così compromessa cognitivamente, forse, avrebbe sentito il figlio ancora di più che se non avesse tali problemi patologici. C’è un Mistero nei rapporti umani, specie se intimi e profondi, dinanzi al quale i farisei giudicano, mentre, in realtà, ci si deve solo umilmente inchinare.

Alfredo Cosco

Alfredo Cosco 2

La madre di Totò Cuffaro e la capacità di “sentire”

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