La rivolta del pane, storia di una rivoluzione

di C.Alessandro Mauceri

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ROMA – Nei giorni scorsi hanno fatto ”notizia” i risultati di uno studio della Coldiretti che mostrava il cambiamento nei consumi di pane dal 1861, anno dell’Unità d’Italia, ad oggi. In realtà il pane è da sempre al centro della storia degli italiani. Non solo dell’alimentazione, ma anche della storia.

A cominciare dal 1500. E’ di quel periodo la prima rivolta del pane in Sicilia. Di pane e di Sicilia, sui libri di storia, si tornò a parlare nel XVII e nel XVIII secolo. È a quel periodo, infatti, che risale la “municipalizzazione del pane” a Palermo. In quel periodo, la Sicilia era divisa in municipalizzazioni e la politica granaria, che nel resto degli Stati era di tipo mercantilistico, in Sicilia era libera: il grano poteva essere esportato ovunque (non va dimenticato che il grano e il pane, a quei tempi, erano importanti come e più dell’oro). Ciò permetteva ai produttori di ottenere grossi profitti. Questo modo di gestire il commercio del grano finì per scontrarsi con la domanda interna di pane che spesso vedeva i prezzi aumentare in modo esagerato. Fu per questo motivo che si decise di “municipalizzare il pane”: venne istituito il monopolio della vendita del pane da parte del comune di Palermo. In questo modo, il prezzo del pane per i cittadini non era soggetto a variazioni direttamente collegate al prezzo del grano. Così facendo, però, i produttori furono costretti a minori introiti e al pagamento di tasse e gabelle (che a volte venivano riscosse con l’uso dell’esercito). La situazione non durò a lungo: in breve, l’erario comunale accumulò un grosso debito e fu costretto ad aumentare il prezzo del pane. Fu per questo motivo che, nel 1647, scoppiò la rivolta.

La pace non durò a lungo. Nel 1672 la Sicilia fu colpita da una delle peggiori carestie che si ricordi. Il 30 Marzo, a Messina scoppiò la rivolta: ancora una volta a causarla l’aumento del prezzo del pane. Le case di cinque giurati furono incendiate e solo l’intervento dello Stratigoto (il governatore) di Messina, Luigi de l’Hoyo, riuscì ad evitare che la situazione peggiorasse.

Qualche secolo dopo la storia si ripetè. Il sovrano disse di voler combattere il brigantaggio diffuso in Sicilia e inviò sull’isola 120mila uomini. Quindi, con una legge del 1863, promulgò lo stato d’assedio. I rapporti tra il governo centrale e la gente di Sicilia peggiorarono e, nel 1866, a Palermo, scoppiò una nuova rivolta anche questa legata al prezzo del pane. Ancora una volta causa scatenante fu la decisione del governo centrale (per coprire i costi della guerra contro gli austriaci) di imporre una tassa sulla farina, il “macinato”. Ancora una volta la rivolta fu sedata col sangue e centinaia furono i morti e migliaia i feriti.

Un’altra “rivolta del pane” è finita sui libri di storia. Nel 1944, il 19 0ttobre, molte persone si riunirono al centro di Palermo, davanti a palazzo Comitini (allora sede della prefettura). In quel periodo la Sicilia stava ancora cercando di riprendersi dai danni causati dalla Seconda Guerra Mondiale e le rivolte contro il governo nazionale erano all’ordine del giorno in tutta la regione. I siciliani, stanchi di un interminabile periodo di guerra dove erano stati usati, come sempre, come “terra da invadere” o come manodopera a basso prezzo, stremati dalla fame e dalla crisi economica, si ribellarono alla nuova “chiamata alle armi” del governo Bonomi. I siciliani disertarono in massa e si ribellarono al governo centrale. La reazione non si fece attendere. Le truppe dell’esercito nazionale attaccarono pesantemente i rivoltosi sempre più numerosi a causa dell’aumento dei prezzi del grano e dei suoi derivati. Lo scontro cruciale ebbe luogo davanti alla sede della prefettura di Palermo: i morti furono 24 e i feriti 158. Anche questa ribellione, che, secondo molti, fu la prima “strage di Stato dell’Italia repubblicana”, passò alla storia come la “ rivolta del pane”.

E anche di questa si è persa memoria sui libri di storia che oggi finiscono sui banchi di scuola. Forse qualcuno avrà pensato che è meglio che i giovani non sappiano che i loro padri, i loro nonni e i loro avi, in Sicilia, hanno avuto il coraggio di protestare contro chi, da conquistatore e dominatore, aveva imposto condizioni di vita insostenibili.

Nei mesi scorsi, il prezzo del grano duro (ingrediente principale del pane tradizionale siciliano) è tornato ad aumentare. E lo ha fatto con aumenti a volte ingiustificati: anche del 42% rispetto alle quotazioni dello scorso anno per il grano duro di qualità migliore. “Sicuramente i panettieri, nelle prossime settimane, non potranno mantenere il costo del pane al prezzo attuale”. Ha detto la sezione locale dell’Assipan, l’Associazione Italiana Panificatori e Affini. E i prezzi potrebbero salire ancora nel primo semestre di quest’anno.

E contemporaneamente all’aumento del prezzo del pane sono diminuiti i consumi. Un calo che potrebbe avere effetti dannosi per l’economia della Sicilia: sono in molti, infatti, quelli che già adesso stanno pagano a caro prezzo le conseguenze di una crisi economica che va avanti dal 2009. Cosa faranno queste persone quando non avranno più i soldi per comprare il pane?

Nessuno ha avuto il coraggio di porre questa domanda a chi governa stando a Roma o a Bruxelles. Forse temendo la stessa risposta che Maria Antonietta, regina di Francia, diede a chi la informava della carenza di pane: “Se non hanno pane, che mangino brioches!”. Era il 1789. Una data che è scritta su tutti i libri di storia: fu allora che ebbe inizio la rivoluzione francese, la più famosa “rivolta del pane”  …

C.Alessandro Mauceri

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