La rubrica Balasso 045

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“Ego te autorizzo a far quel cazzo che vuoi coi miei scripti, cum publicatione sul tuo sito, basta che scrivi che son miei” Firmato Balasso

natalino balasso

Il professor Ugo Arrigo, dell’Università di Milano (credo) tiene un blog sulla piattaforma del Fatto Quotidiano. Ha scritto una cosa sulla Rai che considero interessante.
Dice che va forse rivista la nostra idea di “servizio pubblico”. Il servizio pubblico non è necessariamente qualcosa che viene “fatto” dallo Stato, ma qualcosa sul quale lo stato ha un controllo e che serve alla cittadinanza, e talvolta nemmeno c’è il controllo dello stato. La Rai, così com’è, non è un servizio pubblico ma principalmente un servizio commerciale, visto che sia sulle produzioni, sia sulle scelte, si orienta secondo il mercato pubblicitario. Anche i tg di La7 o di Sky sono servizio pubblico ma sono forniti da privati.
Ciò che non avviene attraverso il mercato, quello, sarebbe veramente servizio pubblico, ma costerebbe assai di meno di quanto costi la Rai oggi.

Ecco il passaggio finale dell’articolo:
“Vi è dunque spazio per una Rai di servizio pubblico non di mercato. Ma una Rai che facesse solo questo, trasmettere ciò che le reti di mercato non sono in grado di fare e non fanno, sarebbe molto più piccola di quella attuale, avrebbe poco personale e pochissimi costi. Avrebbe anche poca audience, ma questo sarebbe irrilevante. Vi è anche spazio, ovviamente, per una Rai di mercato, a condizione che i suoi costi siano interamente coperti da ricavi propri e non da tasse dei cittadini. Questa seconda Rai potrebbe anche essere privatizzata ma si tratterebbe di una scelta eventuale, non necessaria. L’unica necessità è invece quella di separare nettamente le due Rai e le relative, antitetiche, modalità di finanziamento.

Oggi invece avviene il contrario: il finanziamento è per più di due terzi pubblico ma i palinsesti prevedono principalmente programmi di mercato che le reti concorrenti egualmente realizzano finanziandoli interamente con pubblicità o abbonamenti. I programmi ‘fuori mercato’, gli unici che giustificano i soldi pubblici, rappresentano invece una quota molto limitata della programmazione e sono spesso proposti, dato che penalizzerebbero l’audience, in orari che è improbabile possano trovare telespettatori, pur volenterosi”.

La rubrica Balasso 045

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