Le Banconote e La Sovranità Ritrovata

di Arnaldo Spicacci Minervini

Schiavitù Monetaria

      Ciao a tutti, desidero condividere una folgorazione che ho avuto stamattina relativamente alle banconote, alla loro origine ed al loro significato, vi pregherei un piccolo sforzo per leggere attentamente questi brevi paragrafi di storia monetaria che seguono.

Le Origini (Dal Sito BAnca di italia)

“All’indomani dell’unificazione politica del 1861, l’Italia era economicamente arretrata rispetto ai maggiori paesi europei: il prodotto pro capite era meno della metà di quello inglese, poco più della metà di quello francese. Il sistema bancario era composto da piccole ditte individuali, da pochi istituti pubblici e da alcune banche di emissione; scarsa era la circolazione di carta moneta.

Le banche di emissione si erano affermate negli Stati preunitari nella prima metà dell’Ottocento. L’Italia unita ebbe una moneta unica (la lira italiana, link in calce La lira italiana dopo il 1861, creata con la legge Pepoli del 1862) ma una circolazione cartacea spezzettata, perché quasi tutti gli istituti operanti nei vecchi Stati mantennero la facoltà di emettere biglietti nel nuovo regno. Al Nord la Banca Nazionale nel Regno d’Italia (che veniva dalla fusione fra la Banca di Genova e la Banca di Torino); al Centro la Banca Nazionale Toscana, affiancata nel 1863 dalla Banca Toscana di Credito per le Industrie e il Commercio d’Italia; al Sud il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia. Quando, dopo l’annessione di Roma nel 1870, la Banca degli Stati pontifici divenne Banca Romana, gli istituti di emissione diventarono sei.

Tutte le banche menzionate emettevano biglietti in lire convertibili in oro, e operavano in concorrenza fra loro. Due di esse erano pubbliche, Banco di Napoli e Banco di Sicilia, le altre private, ma vigilate dallo Stato. Il corso forzoso (cioè la non convertibilità), imposto nel 1866, fece in modo che la circolazione di moneta cartacea superasse quella metallica.
Nel 1874 fu varata la prima legge organica dello Stato italiano sull’emissione cartacea: indicando espressamente i sei istituti autorizzati, essa introdusse un oligopolio legalizzato e regolato. Non si realizzò dunque una banca unica, soprattutto per la forza degli interessi regionali che non volevano privarsi di una banca di emissione locale.

Data la scarsa diffusione dei depositi bancari, la fonte principale di risorse per effettuare il credito bancario era costituita proprio dall’emissione di biglietti: in pratica, accettando i biglietti di banca, il pubblico faceva credito agli istituti di emissione, e questi potevano far credito ai propri clienti. Soltanto negli anni Settanta cominciarono ad affermarsi banche non di emissione (cioè simili alle banche che tutti conosciamo), come il Credito Mobiliare e la Banca Generale, a respiro nazionale e con contatti internazionali. “

Dobbiamo quindi cercare di fare un leggero sforzo abbandonando le nostre pre-cognizioni.

Diciamo che la Lira è la valuta a corso legale, questa è convertibile in oro sino al 1866.

Ma che cosa è la valuta a corso legale?

Valuta a corso legale è quello strumento emesso dallo Stato utilizzato quale titolo di pagamento, innanzitutto, il conio metallico, le monete.

Poi ci sono i biglietti di Stato recanti menzione:

500

(1) Emessi da Repubblica Italiana,(5) Biglietto di Stato a Corso Legale, sottoscritto da (2) Tesoro, dal (3) Cassiere e dalla (4) Corte dei Conti.
I Biglietti di Banca o Banconote invece sono emessi da (1) Banca di Italia, (2) sono pagabili a vista al portatore e (3) sono sottoscritti dal Governatore e dal Cassiere della Banca.
1000

Che cosa è allora la banconota? E’ una promessa di pagamento pagabile a vista al portatore in monete od in biglietti di Stato!

Come dice il sito di Banca di Italia è il popolo che, accettando le banconote, fa credito alla banca! E qui il gioco delle forze si ribalta! Come diceva Auriti è il Popolo che accettandolo riconosce valore allo strumento monetario!

Resta il fatto che danaro a corso legale sono gli strumenti emessi dallo Stato (in monete od in biglietti), le banconote invece sono delle promesse che emette la Banca dichiarando che essa possiede, a sua volta, monete o biglietti di Stato che la banconota rappresenta e che la banca si dice disponibile a consegnare fisicamente al portatore della banconote qualora ne facesse richiesta.

Direte voi, che differenza fa? Gli rendo un biglietto dal 1.000 e me ne danno due da 500, è solo una scocciatura occupano più spazio!

La differenza, invece, è enorme, le 1.000 lire sono un prestito che fa alla banca chi accetta tale pezzo di carta, confidando che essa abbia la copertura per ripagare tale prestito ! Nessuna differenza farebbe se oggi stampassi un pezzo di carta su cui scrivessi: “vale 1.000 lire che consegnerò a chiunque venga a casa mia a richiederle, firmato Mario Rossi” e le consegnassi ad Elia, questi, accettando quel pezzo di carta, mi farebbe credito.

Conclusioni

Portando questo ai tempi di oggi vorrebbe dire che si potrebbe andare in banca con 100 euro e chiedere 100 euro in monete metalliche coniate dagli Stati Membri aderenti alla EU: Danaro “vero”!

Ma questi furbacchioni hanno tolto oggi dalle banconote “pagabili a vista al portatore” rendendo di fatto impossibile la conversione con il conio metallico.

Quindi per terminare la Banconota è stata la prima truffa nella quale le persone sono cadute ignorando come funziona il danaro!

Ma l’aspetto fondamentale è che una comunità (non un gruppo di individui) possa oggi, nel 2015, accettare delle promesse di pagamento da un membro di essa, riconoscendola valida e meritevole di fiducia (ovvero credito).

Questa promessa di pagamento potrebbe circolare all’interno della comunità sino al momento in cui tornerà da chi la abbia emessa che dovrà fare fronte alla promessa consegnando danaro avente corso legale o, qualora il debitore accettasse, beni di valore equivalente (es pane, frutta).

La Sovranità Monetaria è già nostra solo che dobbiamo esercitarla in un contesto molto diverso da quello cui siamo abituati.

Buona Sovranità a Tutti

 

Arnaldo Spicacci Minervini

Arnaldo Spicacci Minervini

Le Banconote e La Sovranità Ritrovata

8 pensieri su “Le Banconote e La Sovranità Ritrovata

  • 7 Marzo 2015 alle 13:32
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    Salve
    L’alternativa è la creazione di una moneta locale, che dovrà sostituire quella ufficiale( cioé L’euro) per tutto ciò che concerne la sopravvivenza della cittadinanza.
    PERCIO’ BISOGNA USCIRE DALL’EURO AL PIU’ PRESTO.
    In Germania,siccome si accorgono di essere l’ufficio pagatore dell’Europa, stanno pensando di tornare al marco.
    Sono riunite in uno stesso Gruppo economie MOLTO diverse che stanno trasformando l’euro in un sistema caotico, che veniva tenuto artificialmente in vita dalla squalificata Merkel traditrice del suo popolo,infatti dopo il giuramento getto dimostrativamente la bandiera tedesca nel secchio della spazzatura , perché da carogna ebrea lei rispetta SOLO il suo giuramento SIONISTA.
    Giuseppe

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  • 8 Marzo 2015 alle 09:14
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    Io la strozzerei se potessi. Ma bisogna avere una preparazione in merito a questo tipo di cose. Arrangiarsi da soli e’andare in galera e basta. Dobbiamo salvarci a qualunque costo ma in massa. Mi domando sempre ma questa strega cos’ha nel suo armadio diecimila giacche colorate e solo un pantalone nero ?.piu’un conteiner che deposita tutti i soldi rubati in questi anni,con l’aiuto dei 40 ladroni.

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  • 16 Marzo 2015 alle 12:56
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    La Merkel, va precisato, non è ebrea. Suo padre era un pastore luterano… Occorre fare corretta informazione: non possiamo contrastare le menzogne con altre menzogne…

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  • 23 Marzo 2015 alle 18:15
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    Una prospettiva di lettura è che i poteri sono tali perchè guidano la danza. Ma se il denaro fosse di una banca dichiaratamente non profit (BCC e Banca Popolare, nel TUB) e decidesse di trattare il denaro prestato a costo pari a quello corrente della BCE + un delta per gestione, ma del tutto online, in modo da far emergere con le transazioni elettroniche l’evasione. Se poi fosse dei pensionati e dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, si tratterebbe di circa 26 milioni di soggetti che se, volutamente intercettabili dalle imprese produttive, porterebbe un vantaggio misurabile su entrambi i fronti, della produzione e del consumo, e le banche non avrebbero altro destino che distinguersi tra quelle non profit e quelle d’investimento e/o d’affari e senza bisogno di leggi, ma sulla necessità di non morire. L’economia ritornerebbe a correre inducendo qualità e sostenibilità nei consumi per la forza economica dei cittadini che hanno lavorato e che lavorano e che sostengono la produzione con la misurabilità dei consumi per tutti, inducendo sulla concorrenza, qualità, ricerca scientifica e innovazione ecc.. Perchè non rovesciare il tavolo? Funzionerebbe in tutt’Europa e sarebbe una rivoluzione benefica e sostenibile, una volta avviata, senza rischi. Basterebbe che circa 3000 investitori sociali fossero disposti a realizzarla con una disponibilità di 2500 euro da investire con un ritorno certo e dimostrabile intervenendo su situazioni attualmente disponibili. Buona vita.

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    • 23 Marzo 2015 alle 19:09
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      Ti dico la verità, è un discorso non riassumibile in poche righe, ma a getto mi viene di dire: perchè solo dei dipendenti e pensionati e non di tutti…. una azione alla nascita incedibile invendibile…. La divisione delle banche sarebbe sufficiente tornare alla glass steagall act…. la BC anche se ha un profitto essendo di proprietà di tutti riverserebbe il profitto nello “Stato”…..
      Jak

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      • 24 Marzo 2015 alle 23:05
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        Sai, entriamo nella complessità. Ti assicuro studio il fenomeno da anni e siccome auspico il cambiamento allo stesso modo de “il sovranista”, e della moltitudine di Movimenti in Rete che auspicano il Cambiamento, purtroppo, ciascuno a “modo suo”, non si cambierà mai.
        Eppure, un modo incruento c’è: la mediazione continua col sistema in cui viviamo. E la mediazione è cosa raffinata e complessa allo stesso tempo: è raffinata perchè il potere e le oligarchie sono costruzioni potenti e, forse, indistruttibili, perchè oltre ad essere autoreferenziali, sono anche corruttrici, quando utile alla specie; è complessa, sebbene non sia complesso spiegarla, ma perchè non è facile condividerla, nè attuarla.
        È come il “cambiamento”, crolla al primo “ma; penso che; credo sia meglio che, ecc…”.
        Comunque, auspicando un tuo interesse e sempre per sintesi, provo ad argomentare.
        Assumiamo i caratteri della crisi come noti e le politiche monetarie come unico sostegno all’economia reale.
        Assumiamo che lo Stato è fondato sul debito e che le tasse dei cittadini, inique e insostenibili, servono a sostenerlo anno dopo anno.
        Che lo Stato, per le dimensioni assunte dal debito in continua crescita, non ha disponibilità di moneta per investimenti e che anche limando spese e vendendo beni, continuerà a non averne a sufficienza per trasferirli all’economia reale per investimenti produttivi, per il sostegno del disagio sociale e alle povertà vecchie e nuove, al lavoro, alle imprese.
        Assumiamo che le banche private nazionali siano imprese private che fanno profitti senza produrre beni tangibili creando denaro dal nulla con la riserva frazionaria e che, sul rischio, per loro continuerà ad essere conveniente lucrare sul differenziale tra acquisto di titolo di stato e costo della moneta (0,05% della BCE e una breve notazione: il QE, come avvenne per i precedenti 800 miliardi, non potrà mai arrivare all’economia reale perché servirà:
        – allo Stato per mantenere se stesso e senza diminuire il debito in valori assoluti, come la storia dimostrerà;
        – alle banche, per fare profitti come il solito e limitando gli interventi nell’economia reale per i vincoli sui criteri imposti dall’Europa e dalle banche centrali(Pilastri, Basilea, Principi contabili ecc..), ancor più insostenibili in una situazione di deflazione come questa. Soldi alle imprese e alle famiglia per invertire la tendenza non ne arriveranno a sufficienza, c’è da scommeterci.

        Se ci fermassimo qui, verrebbe da notare che la realtà delle politiche statale e monetaria sono chiuse in se stesse in un circuito autoreferenziale, in cui mancano le politiche attive propulsive per il lavoro e per l’impresa, per il sostegno al disagio, sebbene la deflazione e l’auspicio della crescita contenuta nell’aberrazione del 2% d’inflazione, siano tutti orientati alla “crescita” (su sistemi naturali finiti) e basati sui consumi, secondo il dettato attuale dell’economia di mercato neoliberista.
        Ossimori e paradossi del nostro tempo che occorre assumere alla mediazione possibile per tendere a vincere la partita del cambiamento dal basso.

        E veniamo all’economia, sperando che si comprenda la sintesi, fino alla banalizzazione, ma auspicando comprensione, anche per le cose non dette, sperando che siano acquisite come sottintese. Per esempio, non si considera al momento la quantità di lavoro umano misurabile in denaro che diminuisce nel tempo in funzione del trasferimento d’innovazione tecnologica percepibile (digitalizzazione, nanotecnologie, nuovi materiali e nuovi sistemi produttivi, robotizzazione e intelligenza artificiale, reti, visioni 3D e virtualità, nanotecnologie, biotecnologie) non compensabile da forme di lavoro alternativo a garanzia della massima occupazione, con diminuzione di posti di lavoro e con corrispondente diminuzione di disponibilità di denaro da destinare ai consumi. Si prospetta una società la cui piena occupazione non è nelle disponibilità delle politiche di intervento se non con una nuova valutazione delle norme di riferimento e dei metodi di contabilità, della misurazione della “ricchezza”, il cui significato cambierà nel tempo, ecc…

        Prima notazione sul ciclo economico reale: il valore del denaro è inscritto nel bene o servizio prodotto. Se quel bene o servizio viene venduto, il ricavo serve al produttore per fare quattro cose: 1. continuare a produrre (pagando i fattori della produzione assieme al lavoro); 2. investire in innovazione per mantenersi competitivi sul mercato nel tempo; 3. pagare le tasse e i tributi; 4. trattenere una quota per profitto.
        Da qui, il funzionamento nel mercato propone un sistema autoreferenziale che provvede a se stesso autoalimentandosi di continuo tra produzione e consumi (e i consumi sono generati dal lavoro, senza entrare ora nel merito della qualità dei consumi, della sostenibilità, della concorrenza, della crescita fine a se stessa, ecc.., ma notando che il lavoro è un costo della produzione dall’apprendista operario al top manager e che entrambi sono consumatori).
        Quando il sistema non si mantiene in equilibrio, le cause sono di tre tipi: 1. Lo Stato, basato sul debito crescente, che dalla pressione fiscale trae il suo sostentamento, sottrae una quota di denaro continuo al sistema produzione – consumi. 2. L’impresa, che tenta di mantenere l’equilibrio intervenendo su quattro situazioni utili con l’obiettivo di mantenersi sul mercato facendo profitto: a) trasferendo la produzione dove il lavoro e le tasse sono migliori rispetto all’Italia (spesso, anche vendendo sul mercato internazionale azienda e brevetti, esportando ricchezza e impoverendo il Paese); b) limitare la produzione consumando di meno e licenziando mano d’opera; c) diminuire i salari; d) abbassare il prezzo di vendita.
        Questi elementi sono di per sé potatori di squilibrio che si traducono in maggiore disoccupazione, minori consumi per mancanza di denaro, non bilanciati da politiche pubbliche di sostegno, ma aggravate dal sistema fiscale incostituzionale che continua a mantenersi sul medesimo regime attingendo al reddito certo, non come capacità contributiva residua su cui applicare tasse progressive ed eque, ma tassandolo a scaglioni e più di una volta, con modalità dirette e indirette (sul tema si legga http://www.articolo53.it).
        Da qui, al produttore non resta che il punto 4), ricorrere al sistema finanziario delle banche per attingere denaro per alimentare il ciclo produzione – consumi, sottraendo così, ulteriori spazi di equilibrio al valore del denaro inscritto nella produzione del bene o servizio, perché non più in grado di autoalimentarsi sulla diminuzione dei consumi e sulla incapacità del consumatore a sostenere la quota parassitaria del costo del denaro per interessi che, ora, è inscritto nel bene e servizio prodotto.
        Qui insiste una considerazione che quando ciò avviene, il sistema già in crisi entra in una forma di spirale distruttiva e senza scampo, se non si interviene, appunto, sul modello per riorganizzarlo cogliendo i simboli di una trasformazione profonda in atto nella società globalizzata.
        Si rifletta che le banche nostrane sono imprese come le altre, solo che mentre queste producono beni e servizi tangibili, le banche creano denaro dal nulla e il bene prodotto da vendere non porta inscritto il valore del denaro che è stato necessario per produrlo, da qui non può che dirsi parassitario e come tale tende a distruggere l’economia così detta reale.
        Ora, una prima conclusione è che, se l’analisi è vera, il denaro nella logica comune dovrebbe essere disponibile come esclusivo strumento di servizio alla produzione corrispondendo al dettato dell’economia di mercato, basato sulla legge della domanda e dell’offerta, se non fosse per la guerra continua che la politica monetaria, nel contesto europeo e globale, neoliberista, conduce contro l’equilibrio di mercato e per molti fattori, oltre il debito degli Stati, ma non è questo il tema.
        Allora, viene da chiedersi che se il denaro costasse zero e fosse disponibile, occorrerebbe che il suo valore nel tempo fosse certo perché ne è garantita la restituzione.
        E questo non può avvenire perché la variabilità della domanda e dell’offerta non garantisce che l’impresa sia senza rischio, a maggior ragione per le cause fin qui espresse che appartengono all’attualità della crisi in cui viviamo così come i poveri relativi e assoluti, i disoccupati, i lavoratori precari, tutti i cittadini che, a vario titolo, non possono dimostrare un reddito certo e continuo nel tempo.
        Eppure, l’impresa quando produce, inscrive il valore del denaro nel bene prodotto, anche come quota di lavoro remunerato che è servito per produrre quel bene (dall’operaio al top manager).
        Ne discende che se quel valore che forma il reddito da lavoro è protetto e semmai incentivato, perché sostiene i consumi e, pertanto, la produzione e il ciclo dell’economia reale, sarebbe d’interesse specifico degli imprenditori illuminati costruire una banca “no profit” e a scopo unico, che sia inizialmente senza rischio e, quando con rischio per accadimenti imprevedibili, con copertura assicurativa, da “regalare” (insieme di regole sostenibili) a 26 milioni di cittadini possessori di reddito da pensione e da lavoro a tempo indeterminato, riconoscendo loro un vantaggio percentuale calcolato sul reddito destinato ai consumi, perché rivolti all’acquisto di beni e servizi da loro prodotti.
        Il sistema consente di essere misurabile dall’imprenditore e di risparmiare molto o moltissimo, dipende dal settore merceologico, sui costi di produzione, di commercializzazione e di logistica. Per questo, imprenditori illuminati avrebbero tutto l’interesse affinchè una banca di servizi fosse inizialmente rivolta al sostegno dei consumi. Se poi le transazioni sui consumi fossero con moneta elettronica e tracciabili, si avrebbe l’emersione dell’evasione fiscale. Se poi, con l’emersione dell’evasione, si passasse al sistema fiscale costituzionale in base all’articolo 53, si dimostrerebbe con i numeri e a pena di smentita, un miglioramento così importante da rigenerare il sistema dal basso con tre mosse:
        1.banca di servizio no profit a scopo unico e funzionante solo con transazioni online, che prende il denaro al costo BCE allo 0,05% + un piccolo delta percentuale distribuito su 26 milioni di correntisti per le spese di gestione e assicurative che, per ogni euro speso in consumi ricevono accrediti per sconti dai produttori di una percentuale che nella media (da calcoli) potrebbe anche essere nell’ordine del 15%, liberando importanti risorse economiche e finanziarie per i correntisti ad alimentare consumi e direzioni di intervento;
        2.un insieme di produttori che concordano contrattualmente con la banca i rapporti tra produzione e consumo in un circuito definito (qui, occorre ragionare su + banche e + territori, concorrenza, induzioni a qualità e sostenibilità, disponibilità di quote importanti di raccolta per una miriade di azioni di sostegno e produttive);
        3.un nuovo sistema fiscale equo basato sulla capacità contributiva in senso costituzionale che libera ulteriori risorse perché si accompagna all’emersione dell’evasione fiscale.

        Si provino a immaginare le cifre in gioco per comprendere che la diffusione del benessere, basato sui principi della sostenibilità e dell’inclusione di tutti i cittadini alla dignità della vita, è ammissibile.

        Così, una volta avviato il sistema, per i miglioramenti che induce a tutti i livelli, tranne che per il sistema bancario tradizionale, le banche saranno per natura, sulle rinnovate politiche sociali ed economiche, costrette a distinguersi tra banche d’affari e d’investimento e banche di servizio no profit dei cittadini. Il ciclo economico misurabile e controllato (sulla sostenibilità obbligata) basato sull’equilibrio tra produzione e consumi, non avrebbe bisogno dell’inflazione, neanche al 2%, per auto sostenersi.

        Ora, chi mai potrebbe agire per quest’obiettivo? Come si fa a mettere d’accordo 26 milioni di cittadini che potrebbero fondare una banca popolare con 1 euro a testa e con un capitale iniziale di funzionamento (per il TUB ce ne vogliono 10, di milioni) di 26 milioni di euro. E anche se fosse possibile, il potere costituito non lo potrebbe permettere. Allora ci vorrebbero degli imprenditori illuminati, ma Adriano Olivetti è morto.

        Eppure, un sistema da realizzare in trenta giorni ci sarebbe, perchè non rovesciare il tavolo? Funzionerebbe qui da noi e in tutt’Europa, e sarebbe una rivoluzione benefica e sostenibile, una volta avviata, senza rischi. Basterebbe che circa 3000 investitori sociali fossero disposti a realizzarla con una disponibilità di 2500 euro da investire con un ritorno certo e dimostrabile; ma è un’utopia, purtroppo. Buona vita.

        Sai, alla fine, se tutti i Movimenti in rete decidessero di federarsi in una “Federazione di Federati”, allora sì che la musica potrebbe cambiare. Il dubbio che il nome di “Sovranista” è poco adatto a fare un passo indietro per farne due in avanti. E se poi mi sbaglio?

        Rispondi
        • 25 Marzo 2015 alle 10:36
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          Guarda, non essendo un economista ho fatto davvero fatica a seguirti e quindi mi astengo da dire sciocchezze. Jak

          Rispondi
          • 26 Marzo 2015 alle 13:34
            Permalink

            comunque un po’ di sollecitazioni su temi da “movimento”, c’erano. Continuo a pensare che la rete sia un’opportunità per il cambiamento dal basso, tra cittadini, per andare oltre la partitocrazia. E, aldilà dei progetti, quel che conta è contarci per contare. Buona vita.

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