Marinaleda8



di Alfredo Cosco

“Ci chiamavano locos: eravamo un gruppo di persone che credevano fermamente in un progetto, non era solo per necessità che lottavamo ma per dei valori, degli ideali. Mai ho lottato per semplice necessità perché anche se sono stato sempre povero, il mio obiettivo non era riuscire a stare bene io, ma stare bene io e te, tutti.

Sono salito su una barca e mi sono messo in mare e nel mare esistono le onde, e nulla nel mezzo. C’è un inizio, una partenza, e per scendere devi arrivare dall’altro lato: mai scenderò da questa barca, se non quando arriverò al mio obiettivo. Questo comune non è come tutti gli altri, quando mi affaccio non vedo un vicino di casa, vedo qualcuno da cui ho imparato e a cui ho insegnato; se sei in una lotta ti educano, impari da chi ti sta a fianco, da chi sta male, da chi è più grande, da chi è più piccolo, però devi viverla, viverla e crederci. Allora il problema del tuo vicino, non sarà più il problema del tuo vicino, ma sarà il nostro problema.”

(Antonio, 53 anni, Marinaleda)

Trasformare i vecchi sogni in realtà. Come dice il sindaco di Marinaleda in un passaggio che ora riporto per intero:

  “Abbiamo imparato che non è abbastanza definirla utopia, nè è abbastanza combattere contro le forze reazionarie. Uno deve costruire qui e ora, mattone dopo mattone, pazientemente ma i:n modo tenace, finchè non potremo trasformare i vecchi sogni in realtà: qui ci sarà pane per tutti, amicizia tra i cittadini, e cultura; e essere capaci di le leggere con rispetto la parola ‘pace’. Noi crediamo sinceramente che non ci sia futuro che non possa essere costruito nel presente.”

 Alcuni, parlando di Marinaleda, la descrivono come un’isola di socialismo immersa nell’Andalusia. Altri di piccola Cuba spagnola. Altri ancora di un pugno di strambi guidati da un fanatico.

Io semplicemente la definirei “un territorio dove si percorre un’altra strada”.

Un territorio resistente, ma dove la resistenza non è pura opposizione, ma costruzione di qualcosa di diverso.

 A Marinaleda, in sostanza, la dignità è garantita.

Casa e cibo li avrai se però metti in gioco anche il tuo impegno.

Così come avrai la possibilità di lavorare.

 Stonano queste affermazioni con l’ecatombe sociale che questa cosiddetta crisi sta generando in Spagna, in sintonia con quanto avviene in molti paesi europei. In Andalusia, regione della Spagna, la disoccupazione ha raggiunto il 40% e tra i giovani si arriva al 60%. Il governo Raioy, docile ai diktat del fondo monetario internazionale e della tecnocrazia europea ha introdotto  normative che rendono più facile per gli uomini di affari licenziare gli impiegati; da questo ne è derivata, nei fatti, una impennata di licenziamenti. In Spagna, inoltre, non si contano più le famiglie sfrattate di casa dalle banche. E la legge spagnola prevede che dopo lo sfatto i cittadini devono ancora continuare a pagare. Dinamiche distruttive di questo tipo ha portato ad una  impennata di suicidi, mentre si ingrossano le file di movimenti di protesta come gli Indignados.

 Dinanzi a tutto questo, esperienze come Marinaledasembrano un controsenso, sembrano irreali. Eppure ci sono, e fanno capire che il territorio della speranza concreta non è estinto.

 Marinaleda è un piccolo paese della campagna andalusa. di circa 2700 persone.

Parlare di Marinaleda è parlare di un uomo che più di tutti ha simboleggiato una storia.

Il sindaco Juan Manuel Sanchez Gordillo,

Marinaleda è certamente una storia collettiva, ma una storia collettiva che ha avuto in Sanchez Gordillo il suo catalizzatore.

Gordillo –con la sua barba lunga alla Fidel e una Kefiah intorno al collpo- è come un personaggio di un libro di Pablo Ignacio Taibo II. Una sorta di ribelle sudamericano trapiantato in Europa. Nel suo ufficio manca la foto del Re, ma c’è quella di Che Guevara.

Lui si considera un comunista, ma non nel senso “dottrinario”, il suo è un “comunismo idealista” che poco ha a che fare con regimi dittatoriali o filosofi del plusvalore. Sostiene di ispirarsi alle idee di Gesù Cristo, Gandhi, Marx, Lenin e del Che.

Sanchéz Gordillo, oltre ad essere sindaco, è deputato regionale andaluso, leader del Cut-Bai (Collettivo unità dei lavoratori-Blocco andaluso di sinistra) e del sindacato agricolo Sat. Da sempre è stato un leader nell’occupazione di terre incolte. Figlio di un muratore poverissimo, divenne professore di storia grazie a una borsa di studio che gli consentì di andare all’università.

Le parole usate da Sanchez il giorno del suo giuramento come deputato davanti al parlamento andaluso, danno una idea del personaggio:

 “Davanti alla legge prometto e mi riprometto di lottare con tutte le mie forze per sovvertire il sistema di produzione capitalistico. Quindi mi dichiaro ribelle alla dittatura del mercato, alle sue ricette e i suoi mandati. Mi impegno anche a combattere con tutte le mie forze per questa nazione senza sovranità che è l’Andalusia. Mi impegno inoltre a dare voce a chi non partecipa al voto in Parlamento come per la strada. Viva l’Andalusia libera!”.

 Venne eletto sindaco di Marinale, a 30 anni,  alle prime lezioni libere di Spagna del 1979. Da allora è stato riconfermato ininterrottamente fino ai giorni nostri.

 Il suo primo atto fu eminentemente simbolico. Quello di cambiare i nomi a gran parte delle strade, specie quelle intitolate a generali franchisti. Le strade vennero intitolate col nome di personaggi quali Gandhi e Che Guevara, e col nome di valori (“amore”, ecc.)

 A quel punto passò ad un atto decisamente concreto. Anche la Spagna di allora, alla fine degli anni settanta, si trovava nel mezzo di una forte crisi economica. Il contesto dell’Andalusia era aggravato, come altri, dalla forte presenza del latifondo.

Gordillo decise che era arrivato il tempo per la sua gente di riprendere nelle sue mani le proprie terre, le terre che stavano nel territorio in cui vivevano.

Nel 1980 venne organizzato uno sciopero della fame collettivo di tredici giorni a cui parteciparono 700 persone. Uno sciopero della fame contro la fame e per un salario degno.

Con questa iniziativa partirono le “occupazioni della terra” al grido di “la terra a chi lavora”. Gli abitanti di Marinaleda occuparono ad oltranza le terre dei grandi proprietari terrieri finché non ottennero che esse venissero confiscate e distribuite ai lavoratori. Ci sarebbero voluti dieci anni di scontri violenti con la polizia e di battaglie legali per ottenere la proprietà di quelle terre.

Nel 1991 i 1200 ettari della tenuta “El Humoso” (Il Fumoso) venne ceduta dal proprietario, il duca di Infantado, al comune, perché fosse assegnata alla popolazione più povera.

 Una volta acquisito questo fondo,  venne creata la cooperativa cooperativa Humar-Marinaleda Sca. Cooperativa i cui prodotti vengono in  parte destinati al consumo locale,  e in parte esportati. E in più sono sorti un piccolo commercio e una piccola distribuzione locale.

 Questa cooperativa è il principale “datore di lavoro” del territorio. Vi lavorano circa 400 persone, con delle rotazioni, per permettere a tutti di potere lavorare. Ma se pensate che in un famiglia, c’è quasi sempre qualcuno che in quel momento sta lavorando nella cooperativa, praticamente, ogni contesto famigliare, anche ha più del reddito percepito da una singola persona, ma è come se vi fosse la sommatoria dei redditi percepiti dalle persone che compongono quella famiglia.  

Senza contare che vi sono, seppure in numero minore rispetto all’agricoltura, anche altre attività. Una parte della popolazione, nettamente minore rispetto a chi è impegnato nell’agricoltura, lavora in piccoli negozietti e, naturalmente, nelle scuole e negli uffici.

Oltre alle olive da cui fanno derivare un olio molto apprezzato, la cooperativa produce peperoni, carciofi, fave, fagiolini, broccoli, ecc. La coltivazione è in linea con il coordinamento internazione di “Via Campesina”, che prevede la lavorazione della terra in modo “ecologico al 100%”; quindi nessun ricorso a pesticidi o concimanti chimici. Le coltivazioni sono controllate dai lavoratori in tutte le fasi della produzione. La cooperativa ha anche una fabbrica di conserve, un mulino, strutture di allevamento e un negozio. In aggiunta, ci sono anche persone che lavorano su piccoli appezzamenti di proprietà. Viene promossa il più possibile l’agricoltura manuale, non solo perché è quella più “naturale”, ma perché permette di creare più posti di lavoro. Sul loro sito web è scritto in chiaro che il suo “obiettivo non è il profitto privato, ma la creazione di posti di lavoro con la vendita di prodotti agricoli sani e di qualità”.

Il salario è lo stesso per tutti, qualunque sia la mansione: 47 euro al giorno per sei giorni alla settimana.

Nell’ottica della visione egualitaria-socialisteggiante di Marinaleda, non vengono distribuiti utili ai ai membri della cooperativa. Il ricavato superiore alle spese (comprensive degli stipendi naturalmente) viene rinvestito per creare ulteriore occupazione.

 Se pensiamo quanto è problematico accedere ad una casa, quale investimento ciò comporti -a meno, naturalmente di non avere case di proprietà- è impressionante sapere che a Marina Leda la tua casa ti costerà solo 15 euro al mese. Purché tu ci aggiunga il tuo duro lavoro.

I 15 euro non vanno considerati come un affitto, ma come piccolissime rate di un acquisto. Un acquisto che sarà “completato” dopo almeno una ottantina di anni. Ma fino ad allora nessuno ti caccia, e tu continuerai a pagare solo questi 15 euro mensili.

In pratica, il meccanismo funziona così:

I-Il comune mette il terreno.

II-Grazie ad una convenzione con il governo regionale andaluso, vengono acquistati i materiali di costruzione, che poi vengono consegnati all’autocostruttore.

III-Vengono messi a disposizione in maniera gratuita alcuni operai edili che seguiranno i cantieri.

IV-Gratuito è anche il progetto della casa, redatto da architetti.

V-Gli stessi soggetti che, grazie ai supporti proprio ora indicati, si costruiranno la casa, si riuniranno in assemblea per decidere la quota mensile per diventare proprietario della casa che si sta edificando. Le ultime case sono state costruite e acquistate dagli auto costruttori per una cifra corrispondente a 15 euro.  

Quindi, riepilogando: il terreno lo mette il comune; i materiali arrivano dalla amministrazione locale e regionale; il costruttore è lo stesso proprietario che lavora per almeno 420 giorni affiancato da architetti e muratori messia disposizione gratuitamente dal comune.

Tu con 15 euro che metterai ogni mese (e che non sono un affitto ma micro quote per l’acquisto) e col tuo impegno lavorativo (insieme a quello di tanti altri) sei messo nella condizione di avere una casa, senza ricorrere a mutui strozza vita, che tra l’altro spesso non ti verrebbero neanche dati. Con un modello del genere tutti operano intorno ai mutui dovrebbero fare altro. E sarebbero disoccupati anche tutti quelli che lavorano per agenzie immobiliari tipo Tecnocasa.

Nel 2007, “El Mundo” scrisse:

“Mentre la maggior parte degli spagnoli si chiede se gli appartamenti non sono fatti di lingotti d’oro invece che di mattoni, visto che il prezzo medio di una casa – 220.000 € per una di seconda mano – equivale a nove volte uno stipendio annuale, e i politici affrontano il problema con l’adozione di misure controverse come l’espropriazione temporanea di appartamenti vuoti per metterli in affitto, a Marinaleda comprare una casa costa 15 euro al mese. Nessun errore di stampa: 15,52 euro per la precisione, considerando i 50 centesimi per la ricevuta bancaria.”

 

“Abbiamo trasformato la casa in un diritto” afferma Sanchez Gordillo. E nell’occasione di una intervista disse, “se il potere è etico, deve dare una risposta concreta ai problemi concreti della gente e la casa è un problema e deve essere un diritto che è riconosciuto nell’articolo 25 della Dichiarazione dei Diritti Umani. La casa come un diritto, non come una mercanzia. Ciò che è successo in questi ultimi 14 o 15 anni di costruire case non per farci vivere la gente, ma per speculare e che nello Stato spagnolo ci siano 4 milioni di case vuote e due milioni di persone che vivono in pseudo case, addirittura in catapecchie, a noi ci sembra un autentico sproposito”.

 

La garanzia del diritto alla casa si innesta in un contesto dove anche altre esigenze sociali vengono garantite.

L’asilo è aperto dalle 7 alle 16, ed è naturalmente gratuito.  La mensa scolastica costa 12 euro al mese. La piscina 3 euro per tutta l’estate.

 

A Marinaleda non esiste la polizia locale. E’ stata considerata inutile e i soldi che costerebbe mantenerla si preferisce indirizzarli verso finalità sociali.

Non mancano un comprensorio sanitario attrezzato, un centro culturale, uno per anziani e un parco giochi per i bambini, una palestra (gratuita per gli anziani).

 In città è presente anche una radio e una televisione dove, oltre a programmi di musica e intrattenimento, si parla delle lotte che si sviluppano in tutto il mondo, dai movimenti europei alla Palestina, al Sahara occidentale, all’America Latina. Le vie della città portano nomi come Salvador Allende, Solidarietà e Libertà.  Girando per le strade di Marinaleda è facile imbattersi in splendidi murales che contengono slogan e ritratti di Malcolm X, Zapata e Che Guevara.

 Chi è stato a Marinaleda è stato colpito anche dal fatto che quasi non vi sono cartelli pubblicitari lungo le strade. I negozietti non hanno insegne all’esterno o alle vetrine. Non si capisce se si tratta di una scelta intenzionale, di un accordo cittadino, o se si tratta, semplicemente di una spontanea conseguenza di un certo “stile di vita”. Le piccole attività presenti a Marinaleda sono private, e questo smentisce la visione che si dà di questa città come di una sorta di “fattoria sovietica”. Ma è completamente da escludere che un qualche centro commerciale o la grande distribuzione possa mai attecchire da quelle parti. Innanzitutto non la gente del luogo non lo permetterebbe mai. In secondo luogo, centri commerciali e grande distribuzione avrebbe poco interesse ad insediarsi in un luogo come quello.

 Tutti i cittadini si occupano della cura degli spazi comuni. Vi sono momenti emblematici, come le

cosiddette “domeniche rosse”, nelle quali la popolazione si mette a pulire strade, aiuole, giardini.  La popolazione viene invitata a farlo, ma nessuno si tira indietro.

 L’impronta radicalmente democratica della gestione della cosa pubblica a Marinaleda, è data dall’impianto assembleare che la caratterizza.

Le decisioni principali vengono dall’ Assemblea Generali, a cui partecipa tutti i residenti e che si riuniscono circa 30 volte l’anno. All’Assemblea partecipano dalle 400 alle 600 persone, e in quella sede viene approvato anche il bilancio comunale.

Poi le questioni vanno alle Assemblee Locali dei quartieri, che si occupano anche delle questioni più attinenti ai singoli quartieri.

Ci sono poi gruppi di azione che affrontano le questioni più pressanti della giornata.

Questo impianto permette una vera partecipazione democratica, nella quale parole come “democrazia diretta” o “bilancio partecipativo” non sembrano vuote parole

E una volta fatta la discussione nell’assemblea generale, la discussione si sposta quartiere per quartiere.

L’impianto fortemente assembleare è anche una delle argomentazioni che non rendono pienamente calzante il paragone con Chavez che alcuni fanno nei confronti del sindaco. Perché è vero che Gordillo è ininterrottamente in carica da 37 anni, è vero che ha una personalità fortemente carismatica ed è da sempre il punto di riferimento, ma è anche vero che l’impianto assembleare sembra effettivamente operare, e che quindi non si tratta di decisioni calate dall’alto.

 Marinaleda, alla luce di tutto quanto detto, sembra davvero il tentativo di realizzare una dimensione di “democrazia reale”. Con la presenza del modello assembleare e di un sistema di bilancio partecipato su un piano politico. Con la presenza di una “gestione cooperativa”, sul piano economico. E con la garanzia della tutela di diritti come quello alla casa, sul piano sociale. E questi elementi, tutti insieme, creano lo “spirito” di una comunità, creano la “connessione sociale”:

 Il sindaco Sanchez Gordillo colpisce spesso l’opinione pubblica  spagnola con iniziative molto forti -potremmo definirle provocazioni- per attirare l’attenzione su problemi vitali delle persone. Una delle ultime iniziative che ha scatenato su di lui una marea di critiche è stata un “furto” al supermercato. Insieme ad altri 200 rappresentanti sindacali, un giorno è entrato in supermercato  della catena Mercadona, situato nella limitrofa Ecija, portando via carrelli pieni di pane, pasta, fagioli, lenticchie, latte, e altri generi di prima necessità, con cui sono andati a rifornire le mense sociali di alcuni paesini dell’Andalusia. Governo, la destra, i socialisti, media, hanno criticato sdegnati quando è successo. Ma lui, da vecchia volpe ribelle,  sapendo che in azioni di questo genere, chi “ruba”, il “Robin Hood”, vince sempre; sapendo che in una Spagna messa alla fame alle politiche neoliberiste imposte dal governo, la gente comune applaudirà per gesti di questo tipo; se la ride e non fa atto di pentimento pubblico:

 “Tutto quello che abbiamo fatto è stato requisire del cibo per portarlo nelle mense sociali”, “Se questo è un reato, che ci arrestino tutti allora, senza problemi, noi siamo qua. Crediamo piuttosto che illegale e disumano sia obbligare la gente a rovistare nei secchi per cercare da mangiare”. Piuttosto sembra rincarare la dose, quando aggiunge “È stata un’azione simbolica. Il prossimo obbiettivo? Le banche”.

 

Probabilmente, come avviene in ogni esperienza, non mancano le negatività.

Eppure, la sensazione è che nel mondo devastato dal culto del profitto e dei grandi poteri internazionali ci sia, a prescindere, qualcosa di molto buono, in una esperienza come quella di Marinaleda.

 Come si potrà immaginare, non mancano certo i detrattori e gli aspri critici.

C’è  chi sostiene che teoricamente lavorano tutti, ma solo a turno, con un guadagno mensile reale molto basso e che, tutt’al più, si è riusciti a “dividere la miseria”.

Si sostiene che le iniziative del comune si reggono grazie a sovvenzioni pubbliche, come quelle del governo regionale dell’Andalusia. Si contesta il carattere “sovietico” della cittadina, che si rispecchierebbe nel fatto che ogni sera un furgone con altoparlante passerebbe per le strade del paesino per annunciare quale gruppo di lavoratori dovrà lavorare e in quale campo.

Si afferma che Marinaleda è un paese mediamente poco evoluto, senza formazione professionale adeguata, dove tutto è bloccato da 35 anni in un mondo pseudo-comnista. creato a propria immagine e somiglianza dal sindaco.

 Non è da escludere che ci possa essere qualche verità in alcune delle critiche. Sicuramente non mancheranno i punti deboli. In effetti io non sono stato a Marinaleda per vedere e constatare di persona. Ma, con le percezioni limitate che posso avere non avendo appunto toccato con mano; le riflessioni, le analisi, le descrizioni che si possono trovare di questo luogo, trasmettono una idea che non rispecchia la visione totalmente demolitoria con la quale alcuni bollano frettolosamente questa esperienza.

 Ci sarà un motivo se negli ultimi tempi sono aumentate le domande di residenza da parte degli abitanti dei paesi vicini. Come ci sarà un motivo se, ad esempio, nel paese vicino di Somonte è stata realizzata una cooperativa agricola simile a quella di Marinaleda e se da Marinaleda hanno preso anche le espressioni anarchico-battagliere, infatti sulla parete di un granaio di Somonte è stato scritto: “Andalusi, non emigrate, lottate perché la terra è vostra! Riprendetevela“. Per fare capire la distanza rispetto all’ “impianto mentale” delle scelte economiche nazionale, basti solo sapere che  la terra di Somonte è stata per decenni utilizzata per  far crescere il mais e ottenere fondi europei, non creando occupazione e lasciando marcire il mais in esubero. E adesso invece, seguendo l’ispirazione di Marinaleda, si realizza un’agricoltura sana e coerente col territorio, oltre a dare lavoro a 250 persone.

 E comunque, anche se in virtù del sistema di lavoro a turnazione, nell’ambito della cooperativa, la gente non lavorasse ogni giorno, va detto che se si sommano i membri di una famiglia, il reddito per famiglia aumenta. Va detto che anche se il reddito non è alto, tu hai la possibilità di avere una casa con 15 euro al mese; e questa è una cosa enorme, una cosa che i critici non dovrebbero “scordarsi” di menzionare. Va detto che i servizi sociali sono o gratuiti o a prezzi irrisori, come la piscina a 3 euro al mese. .Va detto che oltre ai terreni della cooperativa, è possibile avere dei piccoli appezzamenti di terreno propri. Va detto che c’è pure (anche se è una parte minoritaria) chi lavora in altri settori (negozietti, ecc.). Va detto che il modello assembleare coinvolge tutti e crea spirito comunitario. Va detto che, a parere praticamente di tutti coloro che hanno studiato Marinaleda, anche dei critici, che non troverai mai nessuno che fa la fame, e non troverai mai nessuno completamente disperato, strozzato dai debiti e inseguito dalle banche; e, quindi, non troverai qualcosa di diffusissimo ormai in tutta la Spagna e non solo, ovvero gente che si suicida

 Marinaleda, è una delle esperienze con le quali si cerca di contestare la “dialettica del dominio” che è l’anima dell’attuale sistema economico. Con tutti i limiti che può avere, c’è comunque la generosa volontà, unita da una azione costante che dura da tanti anni, di perseguire una democrazia autentica, una democrazia autentica che per essere tale deve investire anche l’ambito economico.

“La democrazia politica” –dice Sanche Gordillo- “è il diritto a votare ogni quattro anni e molte volte con il sistema elettorale non tutti hanno la possibilità reale di arrivare al potere, ma sono i grandi partiti a ricevere i soldi dalle banche coloro che possono arrivare alla Moncloa (sede del Parlamento spagnolo)… la democrazia politica senza la democrazia economica è una grossa menzogna. Se i ricchi continuano a essere così ricchi e i poveri così poveri la possibilità di scegliere e la democrazia sono stracciate.”

Non mancano le sue stoccate, quando parla della crisi finanziaria che sta devastando l’Europa: Ci sono anche irrisioni verso una realtà come Marinaleda. Gli esperti che dicono che, pur apprezzando le “belle intenzioni”, si tratta di tentativi “utopici” e senza futuro. Ma Sanchez Gordillo non respinge l’accusa di utopia, anzi rivendica il senso nobile dell’utopia, aggiungendo però che ciò che la loro è un’utopia che non vive nel mondo dei sogni, ma si tratta di uno sforzo costante, che dura da anni; di un’utopia.

 Il simbolo di Marinaleda è una colomba che vola sul paese e intorno c’è la scritta “Marinaleda- Una utopia hacia la paz”; “Marinaleda – Un’utopia verso la pace”.

“Pazzi fuori dal tempo” veniva gridato a questa gente quando le classi dirigenti spagnole magnificavano i mercati globalizzati e la produzione industriale. Tra le macerie della Spagna e dell’Europa di oggi, forse hanno da dire più qualcosa questi “campesinos”, questi “contadini”, questi “bifolchi” che l’interminabile schiera di esperti economici e di politicanti che da sempre ha solo seguito, docilmente, il carro del Potere.

Alfredo Cosco

Alfredo Cosco 2

Marinaleda, la città socialista della speranza

Un pensiero su “Marinaleda, la città socialista della speranza

  • 14 Gennaio 2015 alle 21:43
    Permalink

    UN GRANDE UOMO LO VORREI EREDE DI NAPOLITANO.

    Rispondi

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