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PANE DI LIBERTA’- grano Senatore Cappelli e macinatura a pietra. Intervista a Stefano Caccavari

di Alfredo Cosco

Il pane che noi oggi mangiamo è un’altra cosa rispetto al pane che si mangiava un secolo fa. E’ un’altra cosa il processo di macinazione. E’ un’altra cosa il processo di coltivazione del grano. E’ un’altra cosa lo stesso grano, lo stesso seme utilizzato.
“E con ciò?”.. direbbe qualcuno. “Non muta tutto nel corso del tempo? Nulla resta uguale. Nel corso dei secoli e dei millenni i semi e le piante sono mutati, o per intervento umano, o per incroci avvenuti in natura”.
E qui c’è da fare un chiarimento, che seppure espresso con riferimento ai cereali, visto che è di grano che si parla in questo testo, non vale solo per essi.
Anche i cereali, come tutte le specie viventi in realtà hanno subito modificazioni nel corso dei secoli o dei millenni. O per incroci avvenuti spontaneamente tra varietà che vivevano in un medesimo ambiente o attraverso la selezione e l’ibridazione perpetrata dall’uomo mediante pratiche agrarie. Questi mutamenti non vanno però confusi con le modificazioni genetica effettuate in laboratorio. Per mutazione genetica si intende una qualsiasi alterazione che avviene a carico di una sequenza di DNA che ne modifica il funzionamento. Queste modificazioni possono essere i veri e propri OGM, quando si agisce direttamente sul DNA. Ma possono essere ottenute anche attraverso l’uso di agenti mutageni; essenzialmente sostanze chimiche o radiazioni ad altra frequenza.
Gran parte del grano coltivato attualmente in Italia (e nel mondo) è frutto di mutazione genetica, pur non essendo un OGM, nel senso stretto del termine.

Fino ai primi decenni dopo la Seconda Guerra Mondiale, il grano dominante nel nostro paese era la varietà Senatore Cappelli.
Questa varietà di grano nacque dagli esperimenti di uno dei più grandi genetisti italiani di tutti i tempi, Nazareno Strampelli, che dedicò gran parte della sua vita agli incroci delle specie di frumento, per dare vita a varietà più produttive e resistenti. Le tecniche adoperate da stampelli erano del tutto tradizionali e naturali. Consistevano nell’impollinazione incrociata o nell’ibridazione di innesto compiuta sui semi o sulle parti vegetative della pianta. Sviluppò più di cento varietà di grani, tra cui, nel 1915, il Senatore Cappelli; Strampelli gli diede questo nome in onore del Marchese Raffaele Cappelli, Senatore del Regno d’Italia, che fu promotore nei primi del novecento della riforma agraria che ha portato alla distinzione tra grani duri e teneri e che mise a disposizione di Strampelli alcuni dei suoi poderi in Capitanata, affinché portasse avanti le sue sperimentazioni. Il suo nome deriva in onore del senatore abruzzese Raffaele Cappelli.
Il Senatore Cappelli un frumento duro, ad alto fuso, e considerato di alta qualità, divenne la varietà di grano più coltivata in Italia. Anche perché garantiva, rispetto alle varietà precedentemente coltivate, una più alta resa produttiva. Più alta resa che, però, come abbiamo visto, non pregiudicava il valore qualitativo del prodotto.

Negli anni ’70 questa varietà di grano e le altre varietà che ancora sussistevano vennero abbandonate e al loro posto si impose il grano “nanizzato”, frutto di mutagenesi genetica. Presso il laboratorio per l’applicazione in agricoltura del Comitato Nazionale per L’Energia Nucleare già dagli anni ’50 si conducevano sperimentazioni sul grano, soprattutto sul Senatore Cappelli. Nel 1974 attraverso irraggiamento, con cobalto radioattivo, del Senatore Cappelli, irrorando i campi con acque provenienti di reattori nucleari, venne sviluppata la varietà Creso, l’attuale grano “nanizzato”, il grano a fusto basso. Questo grano evitava il fenomeno dell’allettamento, ovvero la piegatura del fusto del grano, dovuta al suo essere (nei grani antichi e nelle varietà “elette” come Il Senatore Cappelli) alto. Inoltre permetteva un notevole aumento della produttività. Questi fattori favorirono la sua recezione. Il Creso fu poi a sua volta incrociato con altre varietà fino ad ottenere molti dei tipi di frumento che si coltivano oggi (Simeto, Colosseo, Adamello, etc.).
Siamo cresciuti pensando che “questo è il grano”. Invece questa tipologia di grano ha un quarantennio di vita. La stragrande maggioranza del pane, della pasta, dei dolci, della pizza che mangiamo oggi è frutto dell’utilizzo di un grano “nanizzato” generato con mutazione genetica.
Il Grano Creso contiene una quantità di glutine molto più elevata rispetto al Senatore Cappelli e agli altri grani tradizionali. Questo grano “mutato” è stato considerato uno dei maggiori responsabili della diffusione della celiachia tra le persone.
L’affermarsi di questa varietà è collegata anche al drastico aumento dell’utilizzo di pesticidi. Proprio per via del suo essere “nano”. Il Senatore Cappelli e altre varietà antiche avevano un grano ad alto fusto che correva sì il rischio dell’allettamento, ma dominava le piante infestanti, ed era ottimo per la coltivazione biologica. Nel caso del grano nanizzato, invece, se non si utilizzano pesticidi, le erbe infestanti prendono il sopravvento sulle spighe.

Ma non è solo questo grano “geneticamente mutato” a rendere radicalmente diversa la farina attuale –e quindi ciò che con essa si produce- dalle farine utilizzate in passato.
Anche il soppiantamento degli antichi mulini a pietra da parte dei moderni mulini elettrici a cilindri ha determinato un mutamento notevole del tipo di prodotto realizzato. Sono i moderni mulini che permettano la realizzazione della farina ad alto grado di raffinazione, 0 e 00, considerata una farina “morta” e dannosa, da diversi punti di vista, per l’organismo umano.
Noi viviamo in un mondo dove grandi poteri ed interessi plasmano sempre più ampi aspetti della vita che le persone si trovano concretamente a vivere. E il grano, tutto quello che ruota intorno al grano, non è estraneo a tutto ciò.
Da diversi anni però è sempre più forte, da parte di singoli e gruppi, la volontà di recuperare le antiche varietà di grano, e le tradizionali modalità di macinazione. Stefano Caccavari, di San Floro, provincia di Catanzaro, Calabria, è uno di questi.
Stefano voleva fare il pane come si faceva cento anni fa. Per questo è andato alla ricerca del seme del Senatore Cappelli, per questo l’ha coltivato, per questo ha cercato un antico mulino a pietra per macinarlo.
Ho avuto modo di incontrare Stefano diverse volte negli ultimi mesi. Questa è una sintesi dei dialoghi avuti con lui.
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-Stefano racconta il tuo percorso?

Ho 28 anni e per scelta ho deciso di rimanre a San Floro, nel paese che fu dei miei avi (dal 1700 almeno viviamo in questo territorio) e nel paese che mi sento di tutelare.
Qui c’è una realtà contadina. Non esiste, quasi, famiglia, che non abbia un pezzo di terra, e che no coltivi, ancora, qualcosa. Mio nonno produceva sempre grano. Da noi è rimasta l’idea di farsi il pane in casa quando è possibile. Tanto che mio padre quattro anni fa ha costruito un forno a legna; prima l’infornavamo col forno elettrico. Se vuoi è la fissazione dei calabresi, tornare alle origini. Facevamo questo grano, ti dicevo, e mio padre andava a macinarlo a Girifalco, presso un mulino a cilindri, perché, anche lui, come me non conosceva la differenza tra un mulino a pietra e un mulino moderno. Io sono sempre cresciuto con la pasta fatta in casa, il pane fatto in caso, ma.. con la farina macinata in un mulino moderno. Un giorno parlando col professore Varano, un vero intellettuale “completo” delle nostre parti.. il professore mi disse.. mi disse..”ah..è dal 71 che non mangio la farina macinata a pietra”. “Professore cos’è la farina macinata a pietra…?” gli chiedo. E da lì cominciai a capire la differenza tra il mulino a cilindri e il mulino tradizionalmente utilizzato nel corso dei secoli, quello a pietra..

-Spiega la differenza.

Il mulino a cilindri nacque nel dopoguerra, nel ’46, ’47. Il mulino a cilindri, per prima cosa ha l’alimentazione elettrica, a differenza dell’altro che ha l’alimentazione idraulica; lungo i corsi d’acqua veniva deviata l’acqua per creare energia idraulica per le pietre. Secondo, riesce a macinare più grano, grazie al processo dei rulli. Quindi invece di produrre un quintale all’ora come uno studio ha dimostrato, produceva minimo dieci quintali all’ora.

-Il diverso processo di mulitura incide anche sul tipo di farina prodotta..

Esattamente… ed incide tantissimo. Nel mulino a pietra la temperatura rimane più bassa e questo fa si che la farina non si “scaldi” troppo, preservandosi così le principali qualità nutritive. Inoltre, la farina che esce da un mulino a pietra ha una granulometria irregolare, una maggiore presenza di crusche, la conservazione del germe, che è la parte più preziosa. Col mulino a pietra è praticamente impossibile produrre farine troppo raffinate come la 00. Nel mulino a cilindri, invece, il chicco di grano viene sfogliato dagli strati più esterni a quelli più interni, fino ad un prodotto estremamente depurato che fa si che si abbia una farina “poverissima”, oltre che già peggiorata dal surriscaldamento per via dell’alta velocità di macinazione.. La farina raffinatissima attuale, utilizzata praticamente ovunque, è a tutti gli effetti una farina “morta”, che non ha più niente di vitale. E’ una farina che permette una grande elasticità. Infatti rende molto più facile fare pizze, dolci. Ma è una sostanza deprivata di tutto ciò che può essere salutare, ed è un concentrato di glutine e proteine.

-Con l’affermarsi dei mulini a cilindri…

Vengono mandati in pensione i mulini a pietra. Fino agli anni ’50, ’60, praticamente ogni paese aveva il suo mulino. Gran parte della farina allora in uso, avrebbe potuto definirsi “a chilometro zero”. Un mulino a cilindri manda porta alla chiusura di una trentina di vecchi mulini a pietra. Questo lo dice l’Associazione Mugnai d’Italia, non io. Solo a San Floro c’erano nove mulini a pietra. Gran parte dei mulini a pietra della provincia furono dismessi perché a Girifalco e a Borgia arrivarono i mulini elettrici a cilindri. Solo due mulini a cilindri hanno stravolto fatto venire meno tutta una geografia di mulini a pietra. Questo per la grande produttività che permette il mulino a cilindri. Un mulino a cilindri macina dieci quintali di grano all’ora, rispetto a un mulino a pietra che ne macina uno.
Tutto questo porta anche ad una dinamica nuova. La farina prodotta dai mulini a cilindri è trasportabile anche alle lunghe distanze. Dalla Lombardia la potevi spedire questa farina in Calabria e Sicilia. Potevi mandare il grano in Lombardia, e loro ti rispedivano il prodotto finito. Prima, una cosa del genere era impossibile. Quando macini a pietra, il prodotto macinato può durare da tre a sei mesi senza rovinarsi; in estate un mese. Questo perché essendo un prodotto vivo, una farina viva, subisce dei processi di deformazione; si rovina, cambia, possono arrivare degli insetti. Mentre se compri adesso un pacco di farina c’è scritto “a scadenza tra due anni’. E’ tutto un mondo che è stato stravolto. Prima la farina veniva macinata in base alle esigenze, una volta al mese, una volta ogni due mesi, una volta a settimana. E il pane molti se lo auto producevano o andavano a prenderlo nelle immediate vicinanze. Ora in Calabria può arrivarti il pane di Milano, il pane della Germania, come avviene nelle catene LIDL dove arriva dalla Germania, da duemila chilometri di distanza il pane precotto, surgelato, che viene infornato in forno elettrico. E comunque si tratta di farine industriali che non vengono certificate.
Tra l’altro noi ci troviamo ad importare una grande quantità –forse anche il 40% del nostro fabbisogno di grano dall’estero. I maggiori produttori di grano sono gli USA, la Francia e il Canada.
Tornado alla immagine del nuovo mulino moderno che soppianta i vecchi, questa volta, l’innovazione tecnologica ha rappresentato non un avanzamento per l’umanità, ma un regresso.

-Credo che ce ne siano diverse di eccezioni al dogma delle “meravigliose sorti progressive” della modernità… ritorniamo a te e alla tua volontà di riprendere la macinazione a pietra..

Come ti dicevo, già il professore Varano mi aveva parlato dei mulini a pietra. Ne parlai con mia nonna, che mi fece il nome di coloro che un tempo facevano il pane a San Floro, e poi mi aggiunse “Quanto vorrei mangiare il pane come si faceva cento anni fa..”. E io le dissi “Nonna non è un problema, troveremo un mulino a pietra e andremo a macinarlo noi lì“. Nel frattempo, io avevo comprato da mio zio circa dieci quintali di grano. Grano biologico, perché mio zio è allergico ai pesticidi. Però adesso non volevo più macinarlo nel classico mulino a cilindri, volevo trovare un mulino a pietra. Andai su Google e scrissi “Mulino a pietra Calabria”. Nella prima pagina non trovai nulla.. andai alla seconda e alla terza.. e ancora nulla. Dopo la terza pagina, il 99% delle persone crede di avere sbagliato parola e riprova con altre combinazioni. Ma ho continuavo ad andare avanti e all’undicesima pagina, trovai un file in exel, dal titolo “mulini degni di nota”. Cliccai e cercai i mulini a pietra che si trovano ancora in Calabria. In quel file venni a sapere che esiste un mulino a Santa Severina, vicino a Belvedere Spinello, che macina da due anni. Telefonai ma il suono che sentivo era quello del telefono staccato. Poi seppi che erano in ferie per agosto. Li richiamai a settembre, e mi rimandarono ad ottobre. Ad ottobre mi feci novantatrè chilometri per raggiungerli, un’ora e trenta di cammino. Ma fui contento di fare quel viaggio. Dato che me ne tornai con il mio primo quintale di farina macinata a pietra. Quel giorno conobbi Giulio, che mi fece tutta la panoramica di come funziona il mulino a pietra, del perché è importante, ecc. Nel frattempo in quei mesi mi ero divorato su internet tutte le informazioni al riguardo. Anche io voglio ripristinare un vecchio mulino a pietra ma non è facile..

-Perché?

Molte delle pietre che formavano quei mulini sono state prese da chi magari voleva.. un cimelio antico in casa.. o per qualche altro utilizzo.. Considera cha la migliore pietra, quella più adatta veniva dalla Francia. C’è un comune in Francia, Le Ferté, che ha un granito particolare, tutto il paese lavorava per queste pietre. Ma ormai è una produzione cessata. Esistono i mulini in pietra moderna; ma si tratta di un miscuglio di calcinacci. Per differenziarti devi usare le pietre antiche.

-Andiamo adesso al Senatore Cappelli..

Dopo avermi spinto a riscoprire la macinazione in pietra, il professore Varano mi mise in testa un’altra cosa. Mi disse che era dagli anni ’70 che non mangiava pane fatto con il Senatore Cappelli. E io anche qui cado dalle nuvole “cosa è questo Senatore Cappelli?”.

-Parli del celebre grano sviluppato, nel 1915, dal grande genetista italiano Nazareno Strampelli, combinando in modo “naturale” varie varietà tradizionali, in modo tra produrre un grano con maggiore produttività rispetto ai grani dell’epoca, ma senza perdere in qualità.

Sì… fino a dopo la seconda guerra mondiale era il grano più diffuso in Italia. Tra l’altro, dalle nostre parti il Senatore Cappelli era chiamato “il grano a cappella”. Venni a conoscenza anche di altre varietà di grani antichi presenti dalle nostre parti, come il Gentil Rosso, da noi chiamato “Russìa”, e altre varietà. Anche mio nonno mi parlò di queste varietà.
Comunque, venuto a conoscenza del fatto che era il Senatore Cappelli il grano che si utilizzava dalle nostre parti, ho subito deciso che dovevo andare alla ricerca di questo grano, dovevo procurarmi il seme e seminarlo. Noi siamo iscritti a “Suolo e salute”. “Suolo e salute” è l’agenzia che controlla che la tua terra sia biologica. Loro sono a conoscenza di chi è in possesso di varietà antiche di semi. Loro ci hanno indicato un signore che da sessant’anni custodiva gelosamente i semi di Senatore Cappelli. Siamo andati da lui, dicendo che volevamo recuperare i grani antichi. Lui si è dimostrato molto contento e poi ci ha detto quanto avremmo dovuto pagare. Ne abbiamo comprato due quintali. Un quintale siamo andati a macinarlo direttamente, e l’altro lo abbiamo seminato.. poi ci siamo procurati anche un altro quintale per la semina, quindi possiamo dire che i quintali seminati sono due.

-Avevi trovato il mulino a pietra, ti eri procurato il Senatore Cappelli..

E quindi potevo preparare il pane come si preparava cento anni a fa. Naturalmente con il lievito madre, e con la cottura a forno a legna. Un giorno mi presento da mia nonna, le mostro un pane, e le dico..”guarda qua nonna… farina integrale Senatore Cappelli e macinatura a pietra..”. Lei lo ha mangiato commossa. Si sentiva come se tornasse giovane. La stessa cosa il professore Varano.

-Un sapore non paragonabile col “classico” pane a cui siamo abituati..

Assolutamente non paragonabile. In bocca è un gusto totalmente nuovo. Sembra ci sia miele. E..guardalo.. (mi mostra una forma di questo pane).. è un pane scuro, non molto grande.. perché la farina di grano duro, specie quando si tratta di una varietà come questa, non lievita tanto.. guardalo.. provane un pezzo.. (lo provo, sicuramente il sapore è insolito, notevole)..

-Gli avete dato un nome..

Vorremmo chiamarlo “Brunetto”.. si tratta ancora di una produzione molto limitata… ma in futuro potrebbe crescere. Anche se difficilmente potrà crescere più di tanto nel breve periodo; anche perché non è ancora grande lo spazio coltivato, e poi è un grano che ha un livello di produttività più ridotto rispetto al grano “attuale”. Oltre a fare il pane, abbiamo a disposizione la farina di Senatore Cappelli. Così chi vuole può farsi il pane, la pasta, la pizza e quello che vuole lui.

-Il Senatore Cappelli e le altre varietà antiche furono sostituite col grano “geneticamente mutato” Creso, creato nei laboratori Enea nel 1974..

Il grano Creso è fondamentalmente il grano che usiamo oggi. Questo grano evitava sia il fenomeno dell’allettamento e consentiva di produrre dai 20 ai 50, 60 quintali per ettaro; mentre col Senatore Cappelli si arrivava a massimo circa 20 quintali per ettaro. Negli anni ’50 e ’60 l’economia italiana era in grandissima espansione, e contemporaneamente diminuivano le persone che si dedicavano all’agricoltura. Col grano “modificato geneticamente” Creso potevi produrre fino a tre volte quanto producevi col Senatore Cappelli. Essendo però un grano più basso, e quindi superato in altezza dalle piante infestanti, comincia l’uso massiccio dei “diserbanti selettivi”; diserbanti che lasciano viva la pianta di grano, ma uccidono tutto il resto. Già l’inquinamento delle terre era iniziato negli anni ’60, negli anni ’70 e ’80 avrà un incremento, anche per via della nuova varietà di grano. Solo negli anni ’90 la legislazione e il mondo scientifico iniziano ad occuparsi di pesticidi. Molti terreni sono profondamente avvelenati dalla chimica. Anche questo sta alla base della riscoperta degli antichi semi.. e di varietà come il Senatore Cappelli. Per fortuna c’è stato qualcuno che ha custodito questi semi per tutto questo tempo; consentendo così, oggi, anche a noi, di coltivarli.

-C’è poi tutto l’enorme problema delle aziende che controllano i semi tutt’ora in commercio.. che ne hanno il brevetto.. e che costringono i contadini a comprare varietà quasi sterili..

Nel caso del grano, lo hanno modificato, programmando il seme, in modo tale che il primo anno puoi ottenere cento. Il secondo produci dieci. Il terzo anno nulla. Quindi l’agricoltore nonha alcuna convenienza a coltivarsi il grano prodotto l’annata precedente e preferisce comprarsi un seme nuovo. In pratica una grande parte dell’agricoltura attuale è nelle mani delle aziende che vendono i semi.

-Quella della libertà dei semi è forse una delle più grandi battaglie che andranno fatte nei prossimi decenni.. è la stessa libertà dell’essere umano che è in gioco..

Assolutamente… c’è un disegno sporco dietro come queste o la diffusione degli OGM.. un disegno che dobbiamo contrastare.

-Tu, oltre all’impegno per la riscoperta del grano e del pane di una vota, hai partecipato lo scorso anno alla battaglia contro la discarica Battaglina, e stai portando avanti altre iniziative in tema di agricoltura biogica.

Circa la battaglia contro il progetto della discarica, San Floro, ha rischiato di diventare la più grande discarica d’Italia. Infatti la discarica in loc. “Battaglina”, se realizzata, avrebbe potuto estendersi per 140 ettari di superficie. Da subito ci siamo attivati giovani e meno giovani per scongiurare questo pericolo imminente che ci voleva morti e senza futuro. Un progetto che, tra l’altro, si è scoperto non era giuridicamente realizzabile. Alla fine l’abbiamo spuntata.
Per quanto riguarda le iniziative che sto portando avanti, devo dirti che in me è scattato qualcosa di molto forte quando un amico, al tavolo del mio bar di famiglia, mi ha illustrato la teoria secondo la quale un territorio è destinato a scomparire se non le persone che vivono quello stesso territorio non fanno qualcosa per manternerlo vivo. E quindi la successiva domanda: “tu che stai facendo per il territorio di San Floro?”, questa domanda è stata la scintilla che ha acceso in me un fuoco di passione. Ogni cosa che faccio oggi la faccio per far vivere il mio territorio e per farlo conoscere alle persone della vicina città di Catanzaro.
Un anno fa il progetto “Orto di Famiglia”(www.ortodifamiglia.com”) con lo scopo e la missione di offrire la possibilità a ogni famiglia del catanzarese di avere un piccolo orto di famiglia dove poter mangiare prodotti sani e coltivati da noi ma raccolti da loro in prima persona. Così facendo le persone stanno riscoprendo l’antico contatto con la Terra a cui tutti noi siamo collegati. Siamo partiti l’anno scorso con 10 famiglie e oggi a un anno di distanza siamo arrivati a oltre 70 famiglie. Il mio intento posizionare San Floro come uno di quei luoghi dove si mangia come cento anni fa, e dove potere “tornare alla terra”. Un altro progetto che ho avviato, aiutato da altri 3 giovani di San Floro, è volto a recuperare le antiche cultivar di fichi e l’antica tradizione dei fichi essiccati al sole.

-Tu all’inizio dicevi che la fissazione del calabrese è tornare alle origini. E’ una “fissazione” che sicuramente anche tu hai.. ed è un bene che tu ce l’abbia.. e che ti abbia portato a fare queste cose..

Sì… noi vogliamo tornare alle origini.. riscoprire i nostri sapore e la nostra tradizione.. mangiare come cento anni fa… fare vedere che esiste un modello diverso, una via diversa… da quello che ci propina la grande industria.

-Grazie Stefano.

Alfredo Cosco

Alfredo Cosco 2

PANE DI LIBERTA’- grano Senatore Cappelli e macinatura a pietra. Intervista a Stefano Caccavari
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3 pensieri su “PANE DI LIBERTA’- grano Senatore Cappelli e macinatura a pietra. Intervista a Stefano Caccavari

  • 16 Agosto 2015 alle 13:03
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    Io appartengo a quesa terra dove tu vivi ,ma tanti anni fà sono andata via per poter avere un futuro ,nel mio cuore però è rimasta La voglia e la speranza di vederla splenere come dovrebbe, quando vedono giovani che come te si inpegano a realizzare questo sogno ritorna la fiducia di poter vivere degnamente del proprio lavoro in questa splendida terraaaaaaaa un grazie e te e chi come te lavora per questo!

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  • 7 Settembre 2017 alle 14:18
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    Condivido l’impostazione culturale e coraggiosa. Magari trovare o fare arrivare la farina di cui parli. Noi facciamo il pane in casa, anche se nel forno elettrico,ma abbiamo affinato la tecnica. Certo che potere usare la farina di cui parli,sarebbe strepitoso. Ho un ricordo del pane calabrese, mai più ritrovato. Ma ora vivo a Genova.
    Grazie

    Rispondi
  • 19 Febbraio 2019 alle 13:35
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    Buon giorno sto cercando dove posso acquistare le pietre giuste per costruire un mulino a pietra grazie

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