Pronto Soccorso

di Salvatore Rainò

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     In condizioni normali, esiste una omogeneità tra il nucleo energetico, al centro dell’individuo, ed ogni punto del suo corpo.
È un passaggio uniforme di energia dal centro verso la periferia, come una luce che attraversa un corpo diafano, creando un tenue bagliore.
La vita è un processo di trasferimento di energia, che è possibile nell’ordine e nell’armonia, attraverso canali aperti che offrono le proprie pareti interne al flusso amorevole che tiene insieme le parti e le funzioni della persona.
Ciò è vero per ogni forma vivente, in quanto è possibile dire che la vita è, sempre, autocosciente, anche sé in modi diversi.
Così, esiste un continuum di possibilità espressive che vanno dai procarioti unicellulari fino ai mammiferi più complessi e, anche in questa forma così organizzata di vita, esiste una vasta possibilità di variegatezze, intinte di caratteristiche genetiche, filogenetiche, ontogenetiche e acquisite da fattori eterei ed estranei persino alla volontà.
Quando la volpe, intrappolata dalla trappola del bracconiere, resta per vari giorni, rinchiusa in gabbia, al freddo, senza possibilità di muoversi e alimentarsi, viene poi trovata ed appare immobile, spaventata, lo sguardo fisso ed il capo reclinato in avanti. È possibile prenderla e spostarla, senza che essa abbia reazioni, che non siano quelle di ulteriore chiusura in sé stessa.
In questi casi, il cibo non basta, non basta il calore, non basta la cura, ma occorre un’attenzione particolare, che passa essenzialmente dalla luce degli occhi di chi presta soccorso allo sguardo indifeso della vittima.
La condizione di vittima è, comunque, idonea all’accettazione di cure che, normalmente, non si sarebbe disporsi a recepire.
Questa è la favorevolezza del bisogno, che consente un flusso di amore, capace di ripristinare l’ordine all’interno della vita oltraggiata.
L’oltraggio è sempre frutto di disattenzione, di qualunque genere e in qualunque contesto. Esso offende la dignità della vita e ne arresta il fluire costruttivo e armonioso, attraverso relazioni che creano un passaggio di contenuti, naturalmente tesi alla comprensione e anche al conforto reciproco.

L’interezza dell’essere viene sostenuta da delicatissime funzioni, appena percettibili, così sfumate e, letteralmente, invisibili, non misurabili con mezzi soliti.
Ogni perdita di libertà, da parte dell’energia, di fluire liberamente, secondo i cenni descritti, rappresenta un vero e proprio affronto alla vita e al suo senso stesso.
Esiste un modello di interruzione improvvisa della vita nei suoi percorsi energetici, ed è l’incidente stradale o la catastrofe in generale. Accade qualcosa che dipende sempre da un vuoto assoluto determinato con drammaticità nel corso normale dell’esistenza.
La persona si ritrae, si difende, si irrigidisce, si ferma, se ancora in vita, cerca di raccogliere le connessioni, prima interne e poi esterne, racconta, si sfoga, poi entra nel silenzio e aspetta di potersi raccontare attraverso il dramma riordinato che egli ha vissuto.
In questa fase, indipendente dai fatti fisici ed anche medici, è di fondamentale importanza la natura più sottile dei processi che, però, possono anche influenzare grandi meccanismi di sopravvivenza, sino a fermare un’emorragia, sino a svolgere un vero e proprio intervento di rianimazione.
La natura del danno è sempre sottile, anche in un grave incidente.
La “guarigione” inizia sempre e soltanto quando, la vittima viene posta nelle condizioni di poter voltare il suo sguardo sul mondo esterno, incorporandone il riverbero rassicurante dentro la sua interiorità.
Dovrebbero saperlo i soccorritori, dovrebbero saperlo medici e infermieri, ogni volta che espletano la propria mansione.
Trattasi di sfumature impercettibili, che si possono cogliere, soltanto in silenzio, e con lo sguardo pieno di amore.
Tanto è vero che, nelle vittime di incidenti e catastrofi, la prognosi è quasi slegata dalla così detta salvezza della vita e, purtroppo, molte volte, nonostante la conservazione della vita, nei periodi successivi, si innesca una inspiegabile elica involutiva che conduce a morte, senza un apparente motivo.
È il mistero della vita stessa, pur nella sua valenza indagabile scientificamente, che alimenta la vita stessa e può anche proteggerla e rimetterla nelle condizioni di risplendere.
Il Pronto Soccorso, quindi, non può essere soltanto pronto nel senso comune delle procedure, ma anche e, direi soprattutto nelle sensibilità che aprono i canali al linguaggio dell’anima.

Una barella che trasporta un paziente grave in un corridoio d’ospedale, facendolo saltellare su cordoli di congiunzione del pavimento, tra ambienti a temperature diversissime, col corpo scoperto, senza che qualcuno gli tenga la mano, in mezzo a persone in attesa nei corridoi che sbirciano sullo spettacolo drammatico della lotta per la vita…non appartiene a protocolli ispirati alle righe che, come le mie, sono scritte dopo aver vissuto l’insulto della follia di un incidente procurato da un gravissimo egoismo di altre persone che hanno aperto una serie di conseguenze, non quantificabili solo con un arto fratturato o con la perdita di un occhio. Questa è una visione materialistica che non ha accesso al meccanismo profondo della vita e rischia, nonostante tutti i protocolli, di vanificare la riuscita del soccorso stesso. Soccorrere deve miscelare, con sapienza e preparazione, atti di intervento e atti di pausa, silenzio ed estrema delicatezza.

Solo l’Amore rende vincente la Scienza,

in ogni caso, a qualunque costo.

Salvatore Rainò

Salvatore Rainò

Pronto Soccorso

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