Renzi e la Fiat. Quasi un dejàvu

di C.Alessandro Mauceri

dazebaonews

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ROMA – L’altri ieri, il premier Renzi si è recato in visita agli stabilimenti della Fiat, pardon, della FCA. “Sono gasatissimo dai progetti di Marchionne” ha detto il presidente del Consiglio, dopo la visita al Centro Stile FCA e a Mirafiori, dove ha incontrato l’amministratore delegato Marchionne e John Elkann. 

Molte dichiarazioni di rito, alcune frasi un po’ meno condivisibili, ma soprattutto un feedback che riporta a molti decenni fa.

Indietro fino agli anni Trenta, un periodo che fu una grande occasione propagandistica per Mussolini e per il fascismo. Allora i mezzi di comunicazione erano pochi e certo meno efficaci di quelli di oggi. Per questo, il Duce organizzò molte manifestazioni in giro per le piazze d’Italia.

Di tutti i comizi durante il fascismo, due sono certamente rimasti sui libri di storia: il primo è quello tenuto da Mussolini nel 1932, alla FIAT di Torino, per festeggiare il decimo anniversario della marcia su Roma. Ad accoglierlo, e a salire sul palco col Duce, fu un membro della famiglia Agnelli: il senatore Giovanni Agnelli. Non Gianni, ma Giovanni Agnelli, ex ufficiale di cavalleria e senatore del Regno.

I rapporti tra gli Agnelli e Mussolini furono caratterizzati da una specie di amore/odio per molti anni. Mussolini sapeva bene che la Fiat era utile all’economia nazionale e che l’azienda torinese poteva servire anche sul piano internazionale.

Si era appena usciti dalla crisi del ’29 (seguita al crac della finanza americana) ed era in atto un periodo di recessione che ricorda molto quello attuale. Un periodo nero che aveva messo in crisi anche molte banche. E allora come oggi, lo Stato era stato più e più volte chiamato ad intervenire per salvarle.

Forse, anche Marchionne e Renzi hanno parlato di banche: un mese fa, il 14 gennaio, è stata iscritta all’albo degli intermediari finanziari FCA Bank spa, la banca della Fiat. E questa sì con sede in Italia.

Mussolini tornò a Torino nel 1939 per un altro discorso, anche questo passato alla storia e sempre alla Fiat, ma questa volta nel nuovo stabilimento di Mirafiori (che coincidenza!) appena inaugurato. Fu lì che pronunciò il suo discorso da “liberatore e ricostruttore”. “Camerati operai,” esordì Mussolini “il Piemonte è fascista al cento per cento. E questo sia detto una volta per sempre, onde fare tramontare certe ridicole illusioni”. Questa volta, Mussolini trovò ad accoglierlo un clima ben diverso. Ma, come al solito, non mancò di ripetere le sue promesse agli operai: salari equi, case e lavoro e addirittura una partecipazione alla gestione delle fabbriche.

Anche Renzi, solo pochi mesi fa, durante una visita alla sede Chrysler di Detroit, ha parlato del problema “lavoro” e del Jobs Act. Il reintegro, disse Renzi, “non garantisce i diritti, crea lavoratori di serie A se stanno in un’azienda di 15 dipendenti e di serie B se i dipendenti sono 14”.

Ieri, come aveva fatto Agnelli poco meno di un secolo fa, i vertici della Fiat hanno ribadito il sostegno dell’azienda alle misure del premier: “Continueremo ad appoggiare l’agenda di riforme. E’ essenziale avere un indirizzo chiaro e penso che ce lo stia dando”, ha detto Marchionne, amministratore delegato di Fiat e di Chrysler. Che, però, non ha spiegato come mai la Fiat ha deciso di chiudere lo stabilimento di Termini Imerese e di spostare fuori dall’Italia le proprie sedi legale e operativa…

“Siamo un Paese manifatturiero, secondo alla Germania, ma li riprenderemo” ha promesso Renzi. Strano, perché secondo i dati ISTAT, la produzione industriale nell’ultimo anno, ovvero da quando lui è al governo, è calata di ben due punti percentuali e, sempre stando agli ultimi dati ufficiali, l’Italia è solo dodicesima tra i Paesi europei (PIL per ora lavorata).

Già ai tempi di Mussolini era chiaro a tutti che l’”Italia” non era “Mirafiori” e che per l’industria del Bel Paese non erano (come non sono oggi) tutte “rose e fiori”. Ma al Duce serviva mostrare un’immagine dell’Italia produttiva e positiva. Per lui Mirafiori era “la fabbrica perfetta del tempo fascista”.

Anche Renzi si sta sforzando di mostrare l’immagine di un’Italia in ripresa e fuori della crisi: “L’industria che vince non è quella della lagna, ma quella dell’innovazione, del coraggio della curiosità” ha detto il presidente del Consiglio ai giovani ricercatori del centro Gm di Torino.

Non è per “produrre una lagna”, ma forse Renzi dimentica che, in Italia, la situazione del settore produttivo è preoccupante. Secondo i dati del rapporto “Scenari Industriali” del Centro studi Confindustria, negli ultimi dodici anni, proprio nel settore manifatturiero, l’Italia ha perso ben un milione e 160 mila posti di lavoro e 120 mila imprese hanno dovuto chiudere i battenti. Nello stesso periodo anche i volumi prodotti in Italia sono diminuiti del 25,5% (in netta controtendenza con la media mondiale che è cresciuta di oltre il 30%).

Come è andata a finire con Mussolini è scritto sui libri di storia. C’è solo da sperare che, almeno in questo, la storia sia diversa, nonostante la recente modifica all’articolo 78 della Costituzione.

C.Alessandro Mauceri

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Renzi e la Fiat. Quasi un dejàvu
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2 pensieri su “Renzi e la Fiat. Quasi un dejàvu

  • 25 Febbraio 2015 alle 22:01
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    LUI IL CLOWN L’ARROGANTE -IL BULLO AL POTERE DITTATORIALE –è EUFORICO DELLA ”’FIAT” CHè NON VERSA PIù LE TASSE ALL’ITALIA !!! PEZZO DI CACCHINA DI UOMO MAFIOSO !

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