Santoro vs Fatto Quotidiano: paura per il crollo di ascolti

girano

di Augusto Grandi

santoroSantoro contro Il Fatto Quotidiano, con scambio di accuse reciproche sul crollo degli ascolti e sul calo delle vendite. E non uno che si interroghi sulle ragioni della disaffezione del pubblico. Il predicatore Santoro ha stufato, ma non vuole rendersene conto. Neppure i vecchi dei circoli Anpi riescono più a sopportarlo. Banalità, retorica, luoghi comuni, il politicamente corretto non affascinano più. Persino la sinistra normodotata evita accuratamente di seguire il re della noia. Per non parlare della scelta degli ospiti e della loro gestione nel corso del programma. Bisogna sperare che Sgarbi si incavoli con tutto e con tutti, o che Cacciari manifesti il suo fastidio nei confronti di qualche altro ospite, per garantire un minino di verve ad un programma comatoso. Ed il lancio della “velina rossa” come conduttrice servirà solo a confermare l’idea che il programma si sia trasformato in una conventicola di parenti, amici e amici degli amici. Satira azzerata, interesse annientato, approfondimento fazioso, collegamenti a senso unico. Non è difficile capire perché gli ascolti crollino. Ed a Santoro non serve a nulla sottolineare che anche il Fatto perde copie. Quel Fatto che garantisce, ad ogni puntata, la presenza di Travaglio. Ma il calo di vendite del giornale è sostanzialmente diverso dal calo di ascolti. Perché, da un lato, il quotidiano cartaceo perde lettori in assoluto, ma cala in linea con la flessione delle vendite della carta stampata in genere. Dall’altra Santoro crolla anche in termini percentuali rispetto al totale dei telespettatori. Non è proprio la stessa cosa. Dopodiché bisognerebbe chiedersi perché i programmi di sedicenti informatori non piacciono più. Sarà forse perché la credibilità dei giornalisti procede a rapidi passi verso lo zero assoluto? Sarà forse perché la faziosità ha superato i livelli di tollerabilità? Sarà forse perché la qualità dell’informazione non è mai stata così bassa? Quando non si riesce neppure a parlare un italiano da terza media, diventa difficile essere credibili in quanto giornalisti. Quando i congiuntivi sono più impegnativi della vetta del Monte Bianco, quando le domande sono di una stupidità imbarazzante, quando l’autocensura prevale, il pubblico fa bene a fuggire, a sparire. Nell’orribile film di Woody Allen “To Rome with love” ci sono perlomeno un paio di scene gustose: quelle nelle quali si vedono frotte di giornalisti porre domande assurde (usa i boxer o gli slip? cosa ha mangiato a colazione? e via così) ad un perfetto sconosciuto trasformato in divo mediatico. Ecco, la realtà dell’informazione italiana non è molto diversa. E’ sufficiente assistere ad uno dei tanti assalti al personaggio del momento per rendersi conto che le domande non sono più intelligenti di quelle inserite nel film. Ed allora, forse, Santoro dovrebbe partire da questa realtà per spiegarsi il crollo del suo programma e le difficoltà dei giornali.

Augusto Grandi girano

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