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Maria Rosaria Bandini è una persona notevole. Lo dico con assoluta certezza, dopo averla conosciuta bene in questi anni. Maria Rosaria Bandini è una dottoressa pugliese di grande competenza scientifica.

Nel suo percorso si imbatté nella terapia Di Bella, negli anni in cui il professore Luigi Di Bella era ancora vivo. Erano gli anni in cui stava per scoppiare “Il caso Di Bella”. La dottoressa Bandini riconobbe la razionalità profonda della terapia Di Bella, la studiò fino ad interiorizzarla, e divenne uno dei medici prescrittori di quel trattamento. La dottoressa Bandini visse nel 2004 un momento durissimo; quando venne implicata in una inchiesta e finì in carcere per 4 giorni. Nel corso degli anni quell’inchiesta andò sgonfiandosi. E del resto un mare di contraddizioni e forzature la caratterizzavano. Pochi ebbero all’epoca la pazienza di studiarsi davvero gli elementi surreali che caratterizzavano quella vicenda. E pochi la seguirono successivamente. E quindi, come tante volte accade nel nostro Paese (ma non solo), c’è ancora qualcuno che collega la dottoressa Bandini a quell’inchiesta, come se fosse un marchio squalificante; senza sapere nulla né dell’inchiesta, né dello sviluppo giudiziario della vicenda, né della stessa dottoressa Bandini che è a mio parere (ma è un parere che posso argomentare) è tra quelle persone che hanno pagato un prezzo caro per troppa onestà.

Andiamo però al merito di quanto leggerete, che non riguarda il percorso umano della dottoressa Bandini, né il metodo Di Bella Andiamo però al merito di quanto leggerete, nel suo specifico. Ma riguarda lo stato di coma e ciò che avviene in esso. Innanzitutto si può parlare di “stati di coma”, visto che esistono vari livelli. Si tratta di un “territorio” enorme che anche molti volumi non riuscirebbero a permetterne una trattazione esaustiva. Anche perché non c’è ancora una trattazione esaustiva. Visto che, ed è ciò che traspare da quanto leggere, non tutto si sa di quello che avviene durante gli stati di coma, e non vi è una totale consapevolezza su quale sarebbe la modalità più giusta di azione verso chi si trova in uno stato di coma.

Ancora oggi per molti lo stato di chi si trova in coma corrisponde ad una sorta di “morte in vita”, di stato di “nuda vita biologica”. Un corpo che respira, pompa sangue, e ha il cuore che batte, ma totale mancanza di coscienza.
Chi si approccia agli stati di coma da una posizione medica sa invece che il campo è molto più complesso e articolato e che la persona in stato comatoso, può percepire gli input del mondo esterno e può rispondere.
La modalità della risposta porta al concetto di “finestra neurologica”. Le finestre neurologiche valutano la presenza di determinate risposte a determinati stimoli e, in base a questo, valutano lo stato di coma. La totale mancanza di risposte, la valutazione totalmente negativa delle finestre neurologiche porta a considerare quella data persona in uno stato di coma profondo.
Quello che la dottoressa Bandini dice in questo dialogo che state per leggere è che definire un determinato stato comatoso “coma profondo”, non vuol dire che si possa avere davvero la certezza di quello che sta avvenendo in quella persona. Ciò che si sa è che vi è una sostanziale mancanza di risposte. Ma questo non vuol dire che quella persona comunque non percepisca qualcosa, che non abbia un suo livello di coscienza, e che ciò che percepisce non possa incidere sulla successiva dinamica dello stato comatoso.
Inoltre, e questo è un altro punto importante che emerge in questo dialogo, talvolta, anche in caso che si parli di coma profondo, non è neanche vero che non vi siano “risposte”; ma può avvenire che risposte vi siano ma non siano riconosciute e considerate, perché non sono le risposte che chi sta valutando considera; perché non sono risposte ricomprese nel range di risposte usate come metro di misura. Il nipote della dottoressa Bandini le rispondeva tramite determinate modalità; eppure era stato considerato un paziente in coma irreversibile.

Da sempre ho considerato le persone in stato di coma, come immerse in un mistero che dovrebbe comportare una delicatezza e una attenzione infinita. Perché quella persona, in coma magari da anni, potrebbe stare percependo in quel momento. Tutto ciò che fai con lei, le parole che usi, la musica che le fai ascoltare, il modo in cui le tocchi la mano, tutto potrebbe determinare, prima o poi, delle conseguenze, innescare dei cambiamenti. E comunque, potrebbe già solo fare stare meglio quell’essere che vedi immobile, ma magari interiormente non lo è.
Il nipote della dottoressa Bandini si svegliò dopo pochi giorni, ma ci sono stati tanti casi di persone svegliatesi dal coma anche dopo anni. In alcuni di quei casi i medici, e anche parte dei parenti erano certi che non vi sarebbe stato più risveglio. Il risveglio in seguito ci fu. Tutto questo deve rendere molto “aperti”, molto “pazienti”, molto umili..nell’approcciarsi a questo che, in parte, è ancora un mistero.

-Dott.Bandini, gli stati di coma sono un tema molto controverso..

Quando parliamo di coma dobbiamo considerare che ci sono vari livelli di coma. Tutto quello che noi riusciamo a stabilire in merito alla tipologia di coma è collegato alla comunicazione del soggetto col mondo reale, alla sua capacità di trasmettere una risposta. Quando un paziente è in coma, i rianimatori fanno quelle che vengono chiamate “le finestre neurologiche” per capire la profondità del coma. Tutto questo si basa su uno stimolo e una risposta. A questo uniamo anche delle immagini, che sono le immagini tomografiche, per immaginare, per cercare di intuire, in base alle lesioni che vediamo la condizione di sofferenza di alcune aree cerebrali e quindi di capire la perdita di coscienza e il coma a che grado di profondità sono. La mancanza di una risposta stabilisce che il coma è profondo. Ma questo è una condizione che noi ci siamo posti. Noi, però, non siamo sicuri che, anche quando questa risposta non c’è, il paziente non abbia percepito la nostra domanda. Tutto quello che noi riusciamo a stabilire è quello che rappresenta la comunicazione del soggetto col mondo reale, la sua capacità di trasmettere una risposta. Ma noi non siamo sicuri che nel frattempo anche quando questa risposta non c’è il paziente non abbia percepito la nostra domanda. Non siamo sicuri, in mancanza di risposta, che non si arrivato lo stimolo. Non abbiamo assolutamente nulla per valutare questo. Oltre alle risposte del paziente, e alla riflessione sulle immagini tomografriche noi non abbiamo niente. Noi ci muoviamo nel campo delle ipotesi. Ipotesi che oggi vengono messe notevolmente in discussione quando sentiamo dire cose del tipo “dopo otto anni si è svegliato”. Sentivo dire una cosa del genere proprio qualche settimana fa; un paziente che si è svegliato dopo otto anni di coma.

-Superato un certo limite temporale, molte volte la situazione viene considerata irrecuperabile.. e poi vi sono casi come questi, dopo otto, ma anche dopo dieci anni, e anche dopo 15 e più anni. Torniamo alla questione della risposta e della percezione..

Il discorso della percezione anche in mancanza di una risposta pone delle problematiche che sono allucinanti. Se il paziente è in grado di ascoltare, ma non di rispondere, diventa tremendamente importante quello che noi diciamo; come ci relazioniamo con lui. Il medico, e tutti quelli che hanno contatto con il paziente, rappresentano l’unica finestra con il mondo reale e se questo mondo reale chiude la finestra, il paziente è totalmente isolato.

-Raccontami la vicenda di tuo nipote

La vicenda di mio nipote è stata la prima volta in cui ho potuto toccare con mano tutta una serie di situazioni. Ho potuto confrontarmi con tutta una serie di ignoranze che noi abbiamo in quell’enorme campo che è la neuroscienza; un campo di cui noi non sappiamo assolutamente nulla. Mio nipote era entrato in un come molto profondo, così profondo che, a distanza di una settimana, veniva considerato un coma afasico; per i rianimatori un coma irreversibile. Questo ti fa capire che si era arrivati a un punto nel quale, per i rianimatori, le finestre neurologiche risultavano totalmente negative. Tuttavia, io, fin dal primo momento, mi accorgevo di un cambiamento, di una recezione da parte sua, in base a quello che dicevo. Il primo giorno di coma, ogni qualvolta io gli nominavo la mamma, cioè la sorella, mentre gli tenevo la mano.. la stretta diventava dolce. Se gli nominavo il padre che lui temeva, si irrigidiva. Questa era immaginazione o era una percezione, una risposta X, perché non necessariamente una risposta deve essere la risposta che noi ci aspettiamo?

-E’ molto importante questo concetto. Una segnale, una risposta può arrivare, intendi, ma non essere tra quelle tipologie di risposte che sono pronto a prendere in considerazione. Può avvenire che una persona dia una risposta, ma che vada al di là del tipo di risposte che ci si aspetta..

Esattamente. Successivamente, quando, indipendentemente da quello che pensavano gli altri, mi sono convinta di questo fatto, ho incominciato a vedere che la risposta la potevo avere anche dal cambiamento della frequenza cardiaca e dal cambiamento della frequenza endocranica. Da questi cambiamenti io potevo trarre dati che a me servivano per capire che quello che il mondo reale faceva per passare attraverso le finestre, lo raggiungeva. Così come è molto importante la musica; si parla molto della musica nei pazienti in coma. Io mi accorgevo che se gli facevo ascoltare la sua musica, la musica che lui amava, la pressione endocranica si abbassava. Io gli facevo ascoltare la sua cassetta… la cassetta con i suoi pezzi preferiti e la frequenza cardiaca si normalizzava. Se io cambiavo la cassetta la pressione endocranica saliva. Questa per me è una reazione.
Un giorno lui aveva morso una infermiera e, quando l’ho sgridato, gli sono uscite le lacrime. Gli dicevo “guarda che adesso te le tiro, anche se tu stai qui, in questo letto, in questa condizione, ma io te le suono di santa ragione se ti permetti di fare un’altra volta una cosa del genere; pretendo che tu dia una risposta e che tu chieda scusa, perché tu puoi farlo”. Quel giorno chiamai l’infermiera che lui aveva morso e le dissi “Signora venga perché Mauro deve chiederle scusa”. Lui si irritò, si irrigidì. Io gli dissi “Guarda che lo so che non puoi parlare, ma puoi alzare il braccio destro.. La signora è qui, tu alzi il braccio destro, ti capiamo ”.. il braccio destro era stato meno colpito e aveva più libertà di movimento. E lui alzò il braccio destro.
Con questo voglio dire che forse dovremmo cambiare il modo di relazionarci con questi pazienti. La condizione di coma non è una non vita, non è una non percezione dell’esterno; ma una modulazione di tutte queste cose, e la mancanza di una risposta non necessariamente vuol dire assenza di una risposta.

-Ciò che dici e importante. Ricordo un dibattito di due anni fa dove uno dei partecipanti parlava dei pazienti in come profondo come “corpi col pilota automatico”, per fare intendere che in essi non vi sarebbe alcun barlume di coscienza, nessuna percezione, nessuna capacità di “sentire”..

Vedi, nessuna persona “onesta” dovrebbe mai usare una espressione come quella.. ritornando alla vicenda di mio nipote, otto giorni dopo l’incidente, lui ebbe una ipertensione endocranica. La pressione endocranica era salita alle stelle ed era estremamente pericolosa; con una pressione tra 50 e 60, il cervello rischia di andare in pappa. Io allora chiesi di sedarlo profondamente, di somministrargli alte dosi di barbiturico, per consentire un riposo. E lui praticamente è stato in questa condizione di sedazione il sabato e la domenica. Quando sei sedato, non è possibile fare la finestra neurologica; per cui il lunedì i medici sospesero i farmaci, perché volevano fargli la finestra neurologica. Il lunedì pomeriggio ha avuto un picco ipertensivo; ma questa volta di pressione arteriosa, arrivo a circa 200, e loro temettero che potesse avere avuto una emorragia cerebrale. Quando gli dovevano fare la nuova risonanza c’ero anche io perché mia sorella mi aveva avvisato. La dottoressa -che oggi guarda caso è la sua professoressa di neuroradiologia- disse che per lei non era cambiato, che la situazione era assolutamente immutata. Invece io mi accorsi che i rianimatori avevano delle perplessità. Mi dissero se ero in grado di leggere una risonanza; risposi loro che di esami del genere ne leggevo decine al giorno e che, da quello che riscontravo, mi sentivo di condividere quello che aveva detto la dottoressa. La situazione era assolutamente invariata. Si poteva dire che non c’erano stati miglioramenti; ma invece io dicevo che non c’erano stati peggioramenti. La storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto; dipende da come ti vuoi approcciare tu. Io fui molto chiara con loro quando gli dissi “Io dico solamente che se voi vi permettete di toccare o cambiare qualcosa alla sua terapia potete iniziare a pentirvi di essere nati perché io vi distruggo”. Il giorno dopo venni arrestata per le vicende che conosci. Tu puoi immaginare come ho passato quei giorni, perché avevo il terrore che loro potessero fare qualcosa. Nel colloquio con loro, avevo anche aggiunto “dategli solamente 72 ore di tempo, vi chiedo 72 ore di tempo, perché questo è il tempo necessario perché lui possa smaltire il barbiturico e vedete che si sveglierà.”. E infatti si è svegliato il giovedì, mentre io ero ancora in carcere; perché sono uscito il venerdì. Si è svegliato, come loro dicevano, “male”; però questo male non vuol dire niente, non vuol dire assolutamente niente. Ti posso dire che praticamente dieci giorni di tempo, dodici giorni dopo, quando Mauro uscì dalla rianimazione per partire per Innsbrunk, per la casa del risveglio, Mauro uscì salutando, sorridendo a tutti quanti. Non poteva parlare perché era tracheostomizzato. Uscì sulla barella che era un leggermente alzata, lui era un po’ seduto. Salutò tutti quanti con un sorriso splendido, ringraziando con la testa. Tutto questo era avvenuto in tempi che erano stati davvero brevissimi. Considera che quando lui si svegliò, qualcuno lì dentro si permise di dire “ma cosa crede la zia.. gli sarà restituito un bambino con le capacità cognitive di tre anni”. Io dissi “se una parola del genere arriva ai genitori, io vi consiglio veramente di trovarvi un chirurgo maxillo facciale perché io veramente vi cambio i connotati”.

-In che condizioni ritornò tuo nipote da Innsbruck?

Mauro era stato lì un mese. Il giorno del ritorno, scese dall’aereo con le sue gambe, parlava, era già in grado di mangiare da solo, di vestirsi; era sostanzialmente autosufficiente. Era arrivato da Innsbruck il 29 aprile. Il 5 maggio ritornò a scuola. E verso la metà di maggio, fece anche il compito in classe di italiano, che era su Pirandello. Non poteva ancora studiare, perché per alcuni mesi ha avuto un problema di diplopia; per cui vedeva le immagini sdoppiate. Lui capì che per leggere doveva abbassare la testa e guardare verso l’alto; cioè usare il retto superiore. Questo costava una enorme fatica. Lui stava facendo l’ultimo anno di liceo scientifico e, al momento in cui doveva prepararsi per gli esami di stato, io e mia sorella ci siamo praticamente alternati per aiutarlo, perché da solo si stancava troppo a leggere. Imparava attraverso quello che noi leggevamo. Si è diplomato, poi si è preparato per entrare a medicina, quell’anno non ce l’ha fatta, però è entrato a biologia molecolare. L’anno successivo, dopo che aveva fatto tutti gli esami di biologica molecolare, ha riprovato il test di medicina ed è entrato a medicina. Si è laureato in corso, e a distanza di due mesi è entrato nella specializzazione di neuroradiologia. Questo era il bambino che avrebbe avuto solo le capacità cognitive di tre ani.
-Tante “sentenze” ribaltate dovrebbero sempre spingere a tenere aperta la porta della possibilità..

Ci tengo a dire che tutto questo non vuol dire che qualcuno è bravo e qualcuno non lo è. Ma semplicemente che qualcuno si rende conto che c’è un mondo che noi non conosciamo. E io dico sempre che quando qualcosa noi non la conosciamo ci dobbiamo approcciare con tanta riverenza, perché dobbiamo essere consapevoli della nostra ignoranza e soprattutto del fatto che noi possiamo colmare le nostre lacune e la nostra ignoranza, e quindi dobbiamo essere attenti a qualsiasi segnale, perché probabilmente i segnali non sono quelli che ci aspettiamo. Spesso non otteniamo risultati perché applichiamo metodi vecchi d conoscenza. Quando non otteniamo risultati forse dobbiamo cambiare l’angolazione;forse dobbiamo cercare una chiave diversa, dovremmo ampliare i nostri orizzonti. E’ quello che ho fatto io quando mi avvicinai alla terapia Di Bella. Quando mi confrontai col professore Di Bella, una volta che avevo capito che l’assoluta forza del suo metodo, le prime parole che gli dissi furono “non sono cose che io non conosco, ma sono cose che io non ho mai visto da questa prospettiva, e quindi mi devo rieducare.. è come dovere fare un corso di riabilitazione, in cui collocare le mie conoscenze in una prospettiva e con un’angolazione diversa. Per capire che cosa mi manca, per capire che cosa devo integrare, e cose devo ricercare. Perché sicuramente il metodo che applicavo non va bene per questo approccio, per questa terapia.”

Alfredo Cosco

Alfredo Cosco 2

STATI DI COMA, TRA PERCEZIONE E RISPOSTA – UN DIALOGO
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5 pensieri su “STATI DI COMA, TRA PERCEZIONE E RISPOSTA – UN DIALOGO

  • 2 Maggio 2015 alle 09:51
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    36 ore di morte reale , attaccata alle macchine che mi facevano respirare e battere il muscolo cardiaco . ero a cuore aperto e i medici decisero di chiudere il torace . non sapevano se sarei morta . staccano le spine , ma in quel momento il battito riparte da solo , ma non il respiro e così altre macchine per me . 30 giorni di coma farmaceutico , non rispondo a nessuna voce , a nessun contatto . alla fine ce la faccio e inizio a parlare sottovoce . cosa ho visto in quei 30 gg? ho visto la guerra civile in italia , ho visto la marea di musulmani che entravano , che ci picchiavano , ci violentavano . tanto è vero che tra un attimo che ero sveglia ed il profondo nulla , chiedevo a mia figlia di chiamare i carabinieri perchè mi violentavano di notte . e la spaventavo . i danni si vedono dopo . 36 ore di morte reale , e 30 giorni di coma farmaceutico portano danni sia di movimento che di memoria . una tragedia per me che ero indipendente . solo dopo 2 anni ho potuto riprendere il mio io . a tante balle non credo anche perchè quando si parla di risveglio dopo mesi e mesi di morte apparente , sono tutte balle . i danni dopo mesi ed anni sono enormi .

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    • 2 Maggio 2015 alle 13:12
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      Ho una mia parente in coma,per una febbre altissima, dovuta ad un meningococco o pneumococco..fatto sta che da dal 27 dicembre di quest’anno è stata in coma irreversibile, attaccata ai macchinari polmoni e reni.. a Napoli la davano per spacciata, ,anche per una cancrena alle gambe e consigliavano di staccare la spina! Ha 58 anni. I figli l’hanl’hanno trasferita ad Imola, centro risvegli. Dopo amputazione delle gambe, per la cancrena, aPasqua, dopo 4 mesi si è risvegliata, ricorda e passaparola a tratti, ancora non deglutisce,però, alla frase del figlio: mamma. Oggi è il 21 aprile,
      ei ha risposto:si, è il compleanno di Riccardino, il figlio? Poi, fra le altre cose, ha aggiunto:però, vostro padrepadre non mi vuole cosìcosì bene, come io gliene voglio a lui.. certo che ce ne sarà di strada da fare..ma è un miracolo!!

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      • 2 Maggio 2015 alle 13:17
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        Vorrei chiedere, alla persona che ha testimoniato prima la sua Esperienza così toccante, se possiamo mmetterci in contatto. Giusto per aiutare questi due figli, 24 e 26 anni a come stare ed affrontare il futuro vicino alla madre! GRAZIE

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        • 4 Maggio 2015 alle 02:44
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          Adriana, sono l’autore dell’articolo. Scrivimi tranquillamente alla mia email: erasmuszed77@yahoo.it. Se ti riferisci all’esperienza contenuta nell’intervista. Se ti riferisci invece alla testimonianza che Eleonora ha scritto nel suo commento, Eleonora può scrivere un commento con la sua email o altri dati per contattarla. O, se preferisce, può inviare email (o altra informazione di contatto) a me privatamente tramite l’email di prima e io la girerò a te Adriana.

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    • 4 Maggio 2015 alle 02:49
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      Eleonora, è molto toccante ciò che scrivi. Sicuramente hai vissuto una esperienza molto intensa, che ha avuto anche conseguenze dolorose. Io credo davvero che è difficilissimo generalizzare in questi casi. Mi riferisco a quando consideri storie simili delle “balle”. La fonte della storia citata nell’articolo è fidata al cento per cento; se vuoi ti posso dare anche il suo contatto. E va anche detto che nella letteratura esistono casi di persone rimaste in coma per anni e che una volta risvegliatesi hanno avuto un recupero progressivo. Attenzione, non voglio contestare quanto può essere accaduto a te nello specifico. Voglio giusto dire che il tema è complesso con tutta una varietà di esperienze. Ti ringrazio tanto per avere condiviso quanto hai scritto.. e anche tu, se lo vuoi, puoi contattarmi in privato alla mia email: erasmuszed77@yahoo.it. Un saluto

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