Tra l’incudine e il martello: dove stiamo andando?

di Francesco Scaramuzzino

incudine martelloLe ultime stime di Confcommercio non sono affatto confortanti. Seguendo un tasso di crescita del PIL pari all’1% annuo, saremo in grado di tornare allo stesso livello di consumo pre crisi solo nel 2046. Questo per quanto concerne i beni durevoli, mentre per nutrirci come nel 2007 ci vorranno quasi 13 anni. Stime queste che sembrano uscite dal secondo dopoguerra, ma neppure allora ci volle così tanto tempo per recuperare dalla miseria e dalla distruzione lasciati in eredità dal secondo conflitto mondiale. Queste, comunque, restano delle stime, e la loro attendibilità è funzione non solo della metodologia impiegata da Confocommercio per pervenire a un simile risultato, ma anche delle politiche (monetarie e fiscali) che da qui a trent’anni si adotteranno.
Passando dalle stime alle ipotesi e passando dai consumi ai mercati finanziari, vediamo cosa sta succedendo e cosa potrebbe accadere nell’eurozona in un’ottica di breve periodo.La notizia economica più importante di oggi riguarda una frase che più e più volte abbiamo sentito ripetere dal governatore della BCE Mario Draghi: “Siamo pronti a misure non convenzionali”.
Nella sua Teoria dell’occupazione, dell’interesse e della moneta Keynes affermò che « La saggezza del mondo insegna che è cosa migliore per la reputazione fallire in modo convenzionale, anziché riuscire in modo anticonvenzionale». Tralasciando il contesto in cui fu espressa una simile affermazione e la sua sfumatura certamente polemica, il timore è che oggi la BCE stia gettando le basi per “fallire in modo non convenzionale”. Il che è un rischio anche per la sua propria credibilità.
Dagli USA prosegue il tapering, ossia la riduzione  degli stimoli monetari all’economia da parte della FED, un allentamento giustificato dal miglioramento dei dati sull’occupazione e sul PIL.
Ebbene è un dato di fatto che questo allentamento abbia già provocato tensioni nei paesi emergenti, quali Turchia e Brasile,  per via di un possibile deflusso di capitali da queste economie verso gli States. Durante la crisi il quantitative easing  attuato dalla FED ha provocato un abbassamento dei rendimenti dei titoli a stelle e strisce e un conseguente spostamento di capitali verso rendimenti più elevati (di riflesso una riduzione dell’avversione al rischio da parte degli investitori). Questicapitali sono confluiti appunto verso le economie emergenti, che, possiamo dire, per definizione sono caratterizzate dalla presenza di rendimenti mediamente più elevati. Ma parte di questi capitali sono confluiti anche in Europa, in conseguenza dell’incremento dei rendimenti dei titoli sovrani di paesi come l’Italia e la Spagna. Il tapering avrà come effetto un progressivo aumento dei rendimenti dei titoli statunitensi ed un graduale riassorbimento di questi capitali. Il problema per le economie emergenti è principalmente valutario, e si è già visto come, per esempio, la lira turca sia entrata in sofferenza dopo i primi “spiragli di tapering”.
Ma ritornando all’eurozona, vediamo quale scenario  potrebbe presentarsi in un’ottica di breve periodo. I tassi sono stati mantenuti invariati, pari allo 0,25%. Parliamo cioè del minimo storico e di un tasso pericolosamente vicino allo zero. Pericolosamente perchè sotto lo zero non c’è più nulla, e già oggi siamo molto vicini all’ingresso in una fase deflazionistica.
I rendimenti dei titoli di Stato dei paesi dell’Europa mediterranea si sono allontanati dalle cifre da default toccate nel pieno della crisi e, come già detto, i rendimenti statunitensi stanno gradulmente risalendo. L’eurozona continua ad essere rischiosa, o quantomento più rischiosa rispetto agli USA. Va da sè che nei prossimi mesi dovremo assistere anche noi ad un esodo di capitali. Per trattenere questi capitali cosa può fare una Banca centrale? Ovviamente aumentare  i tassi d’interesse. Ma non è questo il momento adatto per aumentare i tassi, visti i rischi di stagnazione e di deflazione.Dunque, da un lato abbassare i tassi d’interesse, risulterebbe controproducente per attirare capitali, e potrebbe non essere abbastanza per far aumentare l’inflazione e sostenere la crescita nell’eurozona. Dall’altro lato, un aumento dei tassi per attirare capitali è semplicemente un suicidio: si farebbero contenti solo gli investitori, ma il vecchio continente dovrebbe fare i conti con stagnazione e deflazione per chissà quanti decenni. Ecco la ragione per la quale la BCE si è posizionata con le proprie mani tra l’incudine e il martello. Ci stiamo avvicinando sempre di più alla situazione in cui l’unica soluzione efficace per la ripresa è l’immissione indiscriminata da parte dell’Eurotower di liquidità, alla faccia dei falchi e dei fantasmi della Repubblica di Weimar.
Francesco Scaramuzzino
Francesco Scaramuzzino
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