di Luigi Orsino

equitalia_decibaIn passato ho avuto a che fare, e a ridire, con camorristi estorsori e usurai, non erano frequentazioni piacevoli, almeno per me, erano, diciamo così, il prezzo da pagare per poter lavorare con tutti i pezzi, del corpo, al loro solito posto. Gentaglia. Certo facevano ricorso alla violenza fisica ma non disdegnavano la pressione psicologica indotta da minacce reiterate, da messaggi latenti e quasi insignificanti tratti dal contesto in cui avvenivano. Ma tant’è che se io o un mio collega trovavamo tra la corrispondenza un insignificante biglietto d’auguri, senza firma e lontano da festività, il significato era fin troppo chiaro.

Certo camorristi, usurai, delinquenti senza scrupoli e senza ritegno, personaggi che si dicevano uomini d’onore ma l’onore loro pensavano consistesse nel minacciare i deboli sapendo di essere forti, minacciare chi non poteva chiedere aiuto, minacciare chi non aveva nessuno che potesse aiutarlo.

Le cose non sono cambiate, lo Stato continua ad essere latitante e a non fare il proprio dovere lasciando il controllo del territorio alle bande criminali. Però nel frattempo qualcosa lo Stato l’ha imparata: usare i metodi dei camorristi e degli usurai è redditizio.

Non fatevi venire il mal di testa pensando che io voglia continuare a parlare per enigmi o attraverso esempi trasversali, sto parlando dell’agenzia di riscossione crediti chiamata “Equitalia” ex “Gestline”. Si tratta di una società privata che ha ricevuto in esclusiva dallo Stato italiano l’appalto per riscuotere i crediti scaduti e non onorati dai cittadini e dalle imprese private (ovviamente debiti di enti verso altri enti non sono di loro competenza così come non sono di loro competenza i debiti dello Stato verso i cittadini). Ignobili gabellieri, anzi no efficienti strozzini che una volta agganciata la loro vittima non la mollano più, la perseguitano con ingiunzioni cariche di minacce, fanno crescere il credito vantato a dismisura, usando tutti i mezzi legali che lo Stato a messo loro a disposizione, e non sono pochi e non sono giusti, quando poi si presenta il caso non disdegnano di calcare un po’ la mano, certo scantonano un tantino, ma chi vuoi che vada a dar loro fastidio, chi vuoi che metta in discussione l’operato di coloro che si presentano dicendo di essere lo Stato e quando gli fai notare che lo Stato non sono, s’adombrano, ti guardano come un alieno, ti danno del piantagrane e ti fanno buttare fuori dai loro uffici dagli sgherri privati, che non mancano mai, fidatevi l’ho provato di persona. La loro migliore argomentazione e chiudere il discorso non dare spiegazioni, accusarti di fomentare disordine, farti sbattere fuori e minacciarti di chiamare la polizia se ti ripresenti nei loro uffici. Devi solo pagare quello che ti chiedono, o dimostrare che hai già pagato, se per caso hai avuto la pessima idea di buttare via la ricevuta di una contravvenzione che hai pagato anni fa, sei fatto, devi ripagare. Se non paghi ti mettono le ganasce fiscali all’auto, sequestrata presso il tuo domicilio in attesa di essere venduta all’asta, se poi il tuo debito è uguale o superiore a 20.000 Euro (dal 2012 tale è il limite, per debiti antecedenti vale il limite di 5000 €), limitazioni  introdotte solo da poco tempo perché prima bastava qualsiasi importo anche minimo, ti sequestrano anche la casa, che magari vale 20 volte in più del tuo debito. Questi parassiti non conoscono ostacoli pur di raggiungere il loro scopo: ottenere il massimo profitto. Non tengono in conto alcuna scusante o situazione contigente, non è di loro competenza, non sono assistenti sociali dicono. Così magari sequestrano l’auto di un disabile o l’abitazione di un pensionato o di un senza reddito, ma loro devono essere così: freddi, imparziali, spietati, aggressivi, protervi e spudoratamente consci della loro impunibilità, proprio come gli usurai con cui ebbi a che fare e che denunciai alle forze dell’ordine. Si ma queste sanguisughe a chi li denunci? Lo Stato li ha forniti di tanto di patente da criminali, quindi, possono agire indisturbati. Appaltare il recupero crediti o la riscossione di tasse e balzelli ad inquisitori senza scrupoli era pratica comune nell’oscuro medioevo, allora per debiti un uomo poteva essere ridotto in schiavitù e venduto come schiavo. Forse quest’ultima parte non avrei dovuta dirla, non vorrei suggerire nuove strategie.

Oggi solo le associazioni sorte a difesa dei consumatori e dei contribuenti cercano di contrastare questi vampiri assetati del nostro sangue, ma la legge lascia loro poco margine di manovra e così succede di leggere, quasi quotidianamente, di imprenditori suicidatosi perché ridotti in fallimento, di poveracci costretti a vivere in strada,  magari prima di pensare seriamente a prendere un treno… di testa, giù dai binari.

Ma quale stato sociale da riformare? L’Italia è uno Stato asociale da rifondare su basi umane, dove la sopraffazione sia sostituita dalla solidarietà. E sarebbe anche ora, in questa epoca di globalizzazione non è difficile gettare lo sguardo nei paesi nostri vicini e soci (UE) per rendersi conto che in Italia siamo messi peggio del Belize.

L’Italia è divenuto la patria dell’ingiustizia sociale, il paese in cui si può spremere i cittadini fino all’ultima goccia. In Italia una ristrettissima cerchia di super ricchi vive nel lusso più sfrontato mentre la stragrande maggioranza della popolazione fatica a sopravvivere. Con una percentuale altissima (circa dodici milioni) di popolo che vive al di sotto della soglia di povertà non possiamo più ritenere che questo sia un paese democratico. Siamo governati da un’oligarchia corrotta che bada solo ai propri interessi e non tiene in nessun conto le sofferenze che in milioni sono costretti a patire.

Se fosse vero, speriamo che lo sia, che una corda troppo tesa infine si spezza siamo al limitare di questo evento traumatico ma socialmente inevitabile. Il regime di neofeudalesimo in cui ci costringono a vivere impone una svolta epocale. Tale svolta, sicuramente, non potrà mai venire dalle urna elettorali. Le votazioni sono una farsa, una presa dei fondelli in cui i soliti noti tirano su il culo da una poltrona per poggiarlo su di un’altra. Niente di più.

Un popolo oppresso ha il diritto ed il dovere di ribellarsi, di spezzare le catene e di presentare il conto a coloro che lo hanno vessato.

Forse qualcuno riterrà che sono troppo pessimista o che incito al disordine sociale. Ha perfettamente ragione. Se non volete credere a me chiedete a quei tanti padri di famiglia costretti a dire ai loro figli che chiedono pane che pane non c’è. Chiedete ai tanti che hanno perso, insieme al lavoro, la dignità. E se ancora avete dubbi recatevi di buon mattino fuori dai supermercati e osservate in quanti sono costretti a ravanare tra gli scarti (leggi rifiuti) per trovare qualcosa da mettere nello stomaco.

BASTA PIANGERSI ADDOSSO! Basta osservare chi si abbuffa a nostre spese. Solo l’esercizio, giustificato e irrimandabile, della forza può ridarci la dignità che ci hanno brutalmente portato via.

Luigi Orsino

Luigi Orsino

A VOLTE FACCIO CONFUSIONE
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