Jobs Act. Le illusioni imposte dal governo Renzi

di  C. Alessandro Mauceri

dazebaonews

lavoroChe il Jobs Act voluto, anzi imposto da Renzi, fosse una misura che favorisce le imprese e gli imprenditori piuttosto che i lavoratori è cosa arcinota. Che i lavoratori, che hanno rinunciato ai diritti acquisiti dopo decenni di lotte, non avrebbero ottenuto alcun beneficio concreto non era una novità. Ma a non trarre alcun beneficio da questa legge,pare non siano stati neanche gli imprenditori o, per lo meno, la maggior parte di loro.

È quanto è emerso da un’indagine, “Il Jobs Act a 4 mesi dall’entrata in vigore”, realizzata dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro (durante il Festival del Lavoro): la maggior parte degli imprenditori intervistati giudica “insufficiente” la misura introdotta dal governo. Tre quarti degli intervistati riferisce di non aver notato significativi cambiamenti e il 70 per cento di loro ritiene che la nuova norma non farà aumentare le assunzioni, ma (come più volte denunciato dai sindacati dei lavoratori e da molti altri) servirà semplicemente a trasformare i contratti già in essere. Secondo il 71 per cento degli imprenditori, in molti casi il cambio dei contratti è stato deciso solo per beneficiare degli sgravi contributivi previsti dalla Legge di Stabilità 2015. E molti ritengono che, finito questo periodo, si torni ai livelli precedenti. Tesi confermata dai numeri: alla domanda da quanto tempo i lavoratori assunti erano inquadrati dalla stessa azienda con contratti flessibili, è emerso che quasi il 90 per cento era occupato da meno di due anni. Segno evidente che, come denunciato da molti (e contrariamente a quanto aveva promesso il “nuovo che avanza”), la legge non ha creato le centinaia di migliaia di posti di lavoro che il governo aveva promesso, in cambio della rinuncia alle tutele sindacali. E dopo il fallimento delle nuove assunzioni prevista da un’altra norma imposta a colpi di fiducia dal governo, la “Buona Scuola”, la situazione, sotto il profilo dell’occupazione, potrebbe farsi esplosiva.

Sorprendentemente negativo è il parere degli imprenditori anche sull’utilità della riforma nell’immediato: solo un intervistato su 10 ritiene che la riforma, voluta a tutti i costi dal governo, sia uno strumento utile alle imprese a breve termine. E in generale, solo il 29 per cento degli intervistati reputa il Jobs Act utile e in grado di far aumentare le assunzioni nel prossimo futuro. Circa il 30 per cento invece ritiene che sarebbe stata più efficace un’altra tipologia di intervento o addirittura lo trova inutile.

Solo il 40 per cento degli intervistati ritiene che il Jobs Act ha avuto ricadute economicamente e socialmente significative sul proprio territorio. Alla richiesta di assegnare un voto in pagella alla riforma, il giudizio degli imprenditori è secco: voto “5”, simbolo di mediocrità.

“Il dato che si evidenzia in modo chiaro e netto – si legge nello studio – è quello ‘psicologico’: l’intervento legislativo sul mercato del lavoro, ha avuto effetto (‘meglio di niente’ è un giudizio spesso evidenziato nel sondaggio), ma solamente perché ha dato la sensazione che qualcosa può cambiare per gli imprenditori e per i lavoratori”.

Un modo gentile per dire che, a conti fatti, lavoratori e imprenditori sono stati semplicemente illusi che le cose sarebbero migliorate. Salvo poi accorgersi che nulla, o quasi, è cambiato.

In altre parole, niente di nuovo da parte del nuovo che avanza.

C. Alessandro Mauceri

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