Renzi, l’uomo delle promesse mancate colpisce ancora

di  C. Alessandro Mauceri

dazebaonews

Renzi, l’uomo delle promesse mancate colpisce ancora

ROMA – Mentre il problema dei migranti pare essere ormai una piaga per tutto il continente europeo e cresce il numero dei paesi che vogliono chiudere le frontiere alle persone (ma non alle merci e tanto meno ai capitali), il presidente del consiglio Matteo Renzi pare essersi destato dal letargo estivo e ha lanciato la sua campagna di Settembre. Nei giorni scorsi, in una intervista alla radio, il nuovo che avanza ha detto di voler rinnovare anche il sistema di tassazione degli immobili: abolirà l’Imu.

In realtà, a ben guardare, di “nuovo”, nella promessa del nuovo che avanza, non c’è molto. Anzi non c’è proprio nulla. In primo luogo perchè questa modifica è già prevista da mesi. E poi perché in realtà non si tratta di una vera e propria abolizione ma di cambiare un’imposta con un’altra: se è vero che sarà abolita l’Imu,  in compenso, dal 2016, verrà introdotta la Local tax. Una tassa che stando alle previsioni, sarà ben più gravosa per le tasche dei contribuenti. Il progetto sarebbe già dovuto cominciare prima dell’estate, ma è stato rinviato complice il ritardo nella riforma del catasto. E senza la riforma del catasto, che richiederà anni per andare a regime, è difficile immaginare un assetto definitivo della fiscalità immobiliare.

Come al solito, tutto ciò che riguarda il governo ormai è scientificamente mediatico: “Il 16 dicembre funerale delle tasse sulla casa”, ha dichiarato Renzi, che ha aggiunto di voler usare il pugno duro nei confronti dell’Unione Europea che ha bocciato l’eliminazione di Tasi e Imu sulla prima abitazione. Quello che Renzi non ha detto è che, la data per la cancellazione della Tasi coincide “casualmente” con la scadenza per il pagamento della Tasi e dell’Imu. Gli italiani, quindi, dovranno comunque pagare ancora Tasi e Imu. Poi si vedrà.

Sì perché a proposito della promessa fatta dal premier esistono ancora molti dubbi su cosa fare e soprattutto su come fare. A freddare gli entusiasmi è stato proprio il ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan, che pochi giorni fa, dal palco del Meeting di Rimini, ha avvertito che, per essere credibile, “il taglio delle tasse deve venire da un taglio di spesa“ e “serve un orizzonte medio lungo“. Tutto prerogative che cozzano, e non poco, con la promessa di Renzi.

L’abolizione dell’Imu e della Tasi richiederebbe spazi di flessibilità nel bilancio dello stato pari a “circa 17 miliardi di euro”. Una flessibilità che ad oggi è ancora oggetto di negoziazione con la Commissione Ue (che ha già concesso spazi di manovra per circa 6 miliardi di euro sui conti pubblici la scorsa primavera). Ottenere ulteriori modifiche non sarà facile, come hanno tenuto a ricordare da Bruxelles e ulteriori concessioni sembrano essere fuori discussione.

La verità è che, da molti anni, chi gestisce la cosa comune fa la stessa cosa: ogni volta il governo di turno promette che ridurrà le tasse, che abolirà questa o quella tassa. E ogni volta, solo a conti fatti, ci si accorge che, in realtà, il carico fiscale non è diminuito ma è aumentato. E questo in barba alla legge sul federalismo fiscale del 2011 imponeva che il carico fiscale in questi anni non doveva aumentare.

È stato così con l’Ici di Berlusconi (come riporta uno studio di Confedilizia). E poi con l’Imu introdotta da Monti. E lo stesso avverrà con la Local tax di Renzi. L’unica cosa certa è che in soli quattro anni (dal 2011 ad oggi) il carico fiscale sugli immobili è cresciuto mediamente tra il 153 e il 190 per cento! E ogni volta, grazie a queste “promesse”, le entrate per lo stato sono aumentate: sono passate da poco più di nove miliardi di euro nel 2011 a oltre 27 nel 2014!

Ogni nuova tassa viene presentata come un miglioria, ma la realtà è che è solo uno strumento per raschiare più a fondo le tasche dei contribuenti.

Molto dipenderà proprio dalla modifica del catasto che è ben lungi dall’essere pronta. E con la modifica del catasto le prospettive sono di un ulteriore aumento del carico fiscale, non di una riduzione. Fino ad oggi, chi è proprietario di una o più case, pagava le tasse in base alle vecchie ‘rendite catastali’. Con la definizione del nuovo catasto, molte cose cambieranno e molti di quelli che hanno beneficiato di aliquote basse pur essendo proprietari di immobili in zone come i centri storici di molte grandi città (con rendite catastali da quartiere degradato), perderanno ogni privilegio e potrebbero vedere le proprie rendite catastali rivalutate di decine di volte. Stando alle previsioni con il nuovo sistema catastale, tutti i proprietari di immobili pagheranno di più: dovrebbero scomparire le categorie A/2, A/3 e A/4 per gli appartamenti e tutti gli immobili strutturalmente simili, come le abitazioni situate in edifici che abbiano almeno due piani fuori terra, accessi e scale in comune, saranno inseriti in un’unica categoria catastale O/1. E, ovviamente, dovranno pagare la stessa tassa (rivalutata). Una modifica che, secondo alcune previsioni, potrebbe comportare aumenti delle rendite (allineate ai valori di mercato) maggiori fino a dieci volte rispetto ai valori attuali.

La verità è che, come ha fatto notare anche lo stesso Romano Prodi, quello di Renzi è un rischio non da poco. A Capalbio, con un chiaro riferimento al nuovo che avanza (ma senza pronunciare mai il suo nome), Prodi ha detto: “chi parla di tasse perde le elezioni. E su questo non c’è più nessuna distinzione tra destra, centro e sinistra. Ecco che si promettono meno tasse, meno tasse e si favorisce l’irrazionalità… a furia di promettere tutto a tutti chi promette di più vince. E comunque sulle tasse un tempo si facevano analisi politiche serie per valutare tra l’altro dove destinare le imposte, sulla sanità o sul welfare. Oggi si c’è una cosa che ti impedisce l’analisi è Twitter”.

E, forse, il vero motivo che ha spinge Renzi a spararle sempre più grosse e a promettere sempre di più (salvo poi fare sempre di meno) è proprio questo: il nuovo che avanza vede che i numeri, quelli relativi a cosa accadrebbe se si andasse a votare, sono preoccupanti per lui e per il suo partito. Dopo molti anni di attesa (fatta eccezione per la breve performance di Prodi), il Pd ha avuto la possibilità di governare e i risultati non sono stati quelli promessi, anzi.

La conseguenza è che, negli ultimi mesi, gli indici di gradimento del partito al governo sono in netto calo e, per contro, quelli dei potenziali avversari alle prossime elezioni (primi fra tutti M5S e Lega Nord) sono in costante crescita. Anzi, secondo un sondaggio dell’Istituto Piepoli per la Stampa, sembra che se si andasse alle elezioni oggi, il Pd potrebbe non essere più il primo partito italiano: i Cinque Stelle guadagnerebbero il primo posto con il 29 per cento dei voti.

Una situazione grave che certamente spinge a fare promesse sempre più ardite (non a caso, nonostante il nuovo sistema elettorale, l’Italicum, sia stato approvato dal Parlamento, nessuno ha neanche lontanamente pensato di rassegnare le dimissioni – cosa che sarebbe stata degna e lodevole visto che i parlamentari sono stati eletti con il vecchio sistema elettorale incostituzionale).

E allora giù con le promesse. E poco importa se queste promesse non saranno mai mantenute e se sulle spalle degli italiani continueranno a gravare sempre più tasse, imposte, gabelle e ogni altra forma di onere fiscale.

Tanto, nella peggiore delle ipotesi, si potrà sempre tornare a parlare del problema dei migranti.

di  C. Alessandro Mauceri

CAlessandro Mauceri

 

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