DICI BENE, JACOPO

di Marco Scarpa

FR14-090

Nautica Utile                    Articoli e Chiacchere

“Al diavolo i ricordi tristi !” disse una volta un presidente del consiglio durante un indimenticabile discorso per risollevare le sorti del Paese e concluse: “Per fortuna che nel mondo della nautica ci sono anche quelli che regalano alla moglie un ottantacinque piedi da tre miliardi di euro per San Valentino !”.
Dici bene, Jacopo, quando parli della libertà: tutti siamo tenuti a rispettare il pensiero degli altri ed anche le loro azioni, purché però non ledano gli interessi altrui.
E’ in quest’ ultima precisazione che ci giochiamo tutto.
Un presidente del consiglio è padrone di ritenere che sia cosa buona e giusta regalare un paio di Ferrari e una villa a Porto Cervo per il compleanno della figlia, così come può ritenere che sia cosa ben fatta condurre una vita nell’ accumulare patrimoni ed anche nello sperperarne una parte a beneficio dell’ indigenza di “giovani vestali” più o meno costrette a vivere al margine delle strade.
Io non condivido tale modo di impostare la vita, ma lo rispetto.
Se però per raggiungere tali scopi quel presidente del consiglio ha frodato il fisco, cioè se ha tolto dalle mie tasche una parte di soldi da me guadagnati e che non avevo alcuna intenzione di dargli, ricadiamo nella precisazione di cui sopra; allora io posso continuare a rispettare il suo modo di pensare, ma non posso più portare rispetto a lui.
Così un ateo, un cristiano, un musulmano, un buddista, un taoista, un induista (tanto per citarne alcuni) è sacrosantamente corretto che rispettino vicendevolmente i riti e gli Dei altrui e che non ne scrivano o producano o illustrino sentenze offensive.
Se però, nello svolgere le loro ritualità, prendono in mano le armi e cominciano ad uccidere in nome del loro Dio (che secondo loro li ha invitati all’ “imperialismo del proprio credo”), ricadiamo nella precisazione di cui sopra; allora io posso continuare a rispettare la loro religione, ma non posso più portare rispetto a loro.
Così, banalizzando, una persona debole di carattere che ritiene fondamentale nella vita crearsi dei problemi che non ha è perfettamente libera di imbottirsi di stupefacenti fino a scoppiare.
Se però durante una sbronza di droga in auto mette sotto mio figlio che stava tornando a casa da scuola, ricadiamo ancora nella precisazione di cui sopra; allora io posso rispettare la sua libertà di rifugiarsi in paradisi inesistenti, ma non posso più portargli rispetto.
Tali modi di comportarsi sono talmente un concentrato di stupidità da non essere concepibili per un cervello umano: esso infatti è una tesoro di inestimabile valore programmato per essere intelligente, cioè per creare soluzioni a beneficio di tutti.
Invece in epoche vicine e lontane di presidenti del consiglio che frodano il fisco, di integralisti religiosi che uccidono e di drogati che provocano incidenti ce ne sono e ce ne sono stati un sacco.
La cosa diventa poi ancor più delicata quando, come giustamente sottolineato da Jacopo, dal rispetto per le libertà sessuali si passa alla negazione della naturalità.
Una coppia gay è giusto che sia libera di vivere la propria sessualità, ma non riesce a procreare perché la natura non lo consente; può adottare un figlio ?
La domanda che mi sorge spontanea e che lascia a tutti aperta la porta del discernimento è sempre la stessa: in questo modo lederebbe gli interessi altrui ?
Nel mondo della nautica da diporto le occasioni per porsi tale domanda sono innumerevoli.
Mi viene in mente una sera (anzi una notte perché era senz’ altro molto tardi) in darsena a Castelgrossodigrottaferrata a Mare nella quale ce ne stavamo, la mia barca ed io, sul corpo morto con la poppa in banchina affiancati ad altre barche.
C’ era una luna piena proprio allo zenith che ce la stava mettendo tutta per far vedere che riusciva a far chiaro più del sole: un biancore incredibile sulle coperte delle barche.
Tutti gli equipaggi di quel grande condominio che diventa una darsena da diporto in una notte estiva se ne stavano in cuccetta a dormire, eccetto le solite due coppie di tedeschi di mezza età sedute nel pozzetto di un motorsailer (dotato di cuscini imbottiti e la lampara incassata sotto il boma per vederci bene cenando all’ aperto) che avevano il fatale difetto di parlare troppo piano e quindi di riuscire a svegliare tutti ogni volta che scoppiavano a ridere (cioè precisamente ogni due minuti e mezzo).
I tedeschi, che sono maestri in tante cose, sono insuperabili nel raccontarsi le barzellette a cronometro: bisbigliano educatamente e non si sente nulla anche a due metri di distanza, ma alla fine della storiella non c’ è barriera di piombo che li trattenga, forse per sottolineare a tutti gli altri quanto sono simultanei e precisi anche nel divertirsi.
Quando finalmente l’ ilarità ebbe termine e si spense quel tipo di faro che c’ era sotto il boma, tutta la darsena riuscì finalmente a prender sonno.
Ad un certo momento della notte, come materializzatosi dal nulla, ecco il ronzare di un diesel monocilindrico che si avvicina, cala di giri, mulina nell’ acqua, inverte, accelera, mulina ancora, cala, inverte, cresce; si sente uno scoppiettio di bollicine molto vicino allo scafo e poi schiuma che scorre; un tonfo nell’ acqua, gran tramestio di maglie di catena che stanno facendo di tutto per giocare a rincorrersi per fare il bagno e poi finalmente una voce dubbiosa accompagnata da una più squillante e decisa si sparge per la darsena.
La dubbiosa diceva in un linguaggio sconosciuto ma inspiegabilmente comprensibile: “Ma non stiamo facendo troppo casino ?”
La squillante e decisa diceva con le stesse modalità di cui sopra: “Ma che ti frega, legati a qualcosa che ho fame e sonno !”
Seguiva poi un battibecco tra le due voci che tradotto significava: “Hai visto che pienone? – Me ne frego, taci che sei un imbecille! – Era meglio fermarci a Vattelappesca e non parlarmi più così ché son stufo anch’ io! – Io parlo come mi pare, a Vattelappesca stacci tu, scemo! – Scemo un corno, se non era per me saremmo ancora in mare! – Vuoi dar volta a quella cima o no ?”
La cosa di per sé era comica, nel senso che dalla mia cuccetta non riuscivo a distinguere che linguaggio o dialetto adottassero quelle voci, però la loro intonazione via via crescente di volume e incisività non dava adito a dubbi sul contenuto del messaggio: il fatto è che erano circa le tre di notte e quindi la faccenda si trasformava da comica a molto, molto seccante.
Molti altri la pensavano come me infatti, col sottofondo del monocilindrico che era stato senz’ altro dimenticato acceso dalla voce squillante e decisa, un’ altra voce echeggiò vicino parlando decisamente in italiano, poi un’ altra più lontano in sloveno, poi un’ altra ancora in italiano, poi quella di un cane di cui non distinguevo il paese di provenienza, un’ altra molto lontana senza dubbio con grave accento teutonico ed ancora un’ altra vicinissima e femminile così intensa da rendere incomprensibili le parole e quindi anche il suo paese d’ origine.
Bene, come se nulla fosse successo il diesel continuò ad andare ancora per mezz’ oretta; i suoi proprietari si erano evidentemente ritirati sottocoperta per farsi probabilmente uno spuntino e solo quando ritennero essere arrivato il momento di spegnere le luci decisero anche di spegnere il monocilindrico, così da far immediatamente capire a tutti che avevano le batterie a terra e che il motore acceso serviva solo per fare luce.
Con una coda di proteste più o meno lontane che andava progressivamente affievolendosi, la notte riprese la sua consueta funzione incantatrice, e tutti ripresero sonno…
…Ma solo fino alle quattro e tre quarti di quella stessa mattina, ora in cui tutta la darsena fu risvegliata da un possente colpo di sirena, seguito di lì a poco da una successione di altri tre o quattro colpi.
Proprio quella mattina infatti arrivava la nave-cisterna per rifornire di acqua paese; manco a dirlo doveva proprio passare rasentando i corpi morti, ma non poteva farlo perché, messo di traverso con l’ ancora sopra le catenarie e la poppa legata ad un palo, stava beatamente ormeggiata la barca delle due voci giunta qualche ora prima.
Si svegliarono tutti quella notte, anzi dovrei dire quella mattina: alle cinque, col primo chiarore, la scena era indescrivibile.
Il comandante della nave-cisterna andava avanti e indietro in plancia bestemmiando; due italiani con un francese, giunti sottobordo alla barchetta protagonista di quell’ imbroglio, cercavano di sciogliere il groviglio di ormeggi che si era formato a poppa.
Uno sloveno con un austriaco, a bordo di un motoscafo di un tedesco, stavano aspettando che il gruppetto a poppa avesse finito per rimorchiare via da lì la barchetta.
Svariate centinaia di occhi gonfi ed arrossati seguivano lo svolgersi degli eventi dai pulpiti delle rispettive imbarcazioni, sempre più increduli sull’ esito della manovra perché ormai a tutti (ma soprattutto al comandante della nave-cisterna) appariva chiaro che l’ ancora della sciagurata barca delle due voci si era impigliata nella catenaria dei corpi morti.
Il grigiore dell’ alba aveva lasciato spazio al rosa pastello dell’ aurora quando, in quella babele di urla e di ordini espressi in simultanea con accenti latini, teutonici e illirici si levò sublime uno squillante e deciso “Sorry” perfettamente anglosassone.
Era di una delle due voci che finalmente, avendo udito un po’ di tramestio e ficcatasi in bocca una pipa spenta, era salita in coperta dove subito si era messa a dare una mano con movimenti pacati, come se la barca fosse stata di un altro.
Di lì a poco la matassa fu sciolta, la barca delle due voci venne tirata in parte, la nave-cisterna passò e accostò al molo del paese, ognuno tornò alla propria barca (meno l’ austriaco e lo sloveno che trovarono modo di offrirsi vicendevolmente una buona birra mattutina) e la voce, quella squillante e decisa che era uscita in coperta dotata di pipa spenta, pensò molto educatamente di tornarsene a dormire soprattutto per non lasciare sola l’ altra voce che pareva non essersi accorta proprio di nulla.
Ben, tutto si svolse come un temporale improvviso senza pioggia: una volta passato era come se non fosse successo niente.
Quella voce che ha detto solo “Sorry” ha leso i diritti altrui ?
Senza dubbio ha fatto esattamente ciò che dal tempo della prima repubblica hanno fatto gli uomini politici e gli amministratori nel nostro bel paese: danni e ancora danni su danni a tutti i livelli, poi si sono spostati di lì e se ne sono tornati placidamente a dormire…E noi da anni abbiamo loro anche regalato la pensione !
In fin dei conti penso che ci siamo comportati come l’ austriaco e lo sloveno: una bella pacca sulle spalle e ci siamo fatti una birra insieme….
…E’ che non so ancora valutare se agendo così abbiamo fatto bene o male a noi e ai nostri figli.

Marco Scarpa

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