Migranti Diluvio o una nuova Babele?

di Antonella Policastrese

 

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Da qualche mese a questa parte, la conta ufficiale degli arrivi di migranti sulle coste italiane sembra essere stata accantonata e rimpiazzata da altre vicende correlate all’esodo biblico in corso. La soglia del dolore, cioè quella dei naufragi contesi alla vita e alle speranze dalle onde del Mediterraneo, alla quale ci stavamo abituando, non trova più il consueto e puntuale spazio nelle cronache quotidiane. Essa è stata sostituita dalle immagini strazianti del bambino morto sulla spiaggia turca, dal caos infernale alla stazione di Budapest, dalla battaglia tra gli scogli di Ventimiglia, dalle drammatiche fughe attraverso il tunnel della Manica. Questo repentino cambiamento nel comunicare l’esodo da parte dei media, si direbbe abbia portato a una svolta, ovvero all’interessamento da parte dei paesi della Unione Europea al travaso di popoli in atto, provenienti dall’Africa e dalla Siria. E ,come se non fossero di per se già abbastanza drammatiche le immagini dei corpi senza vita che galleggiano nel mare, la foto del bambino siriano le riassume tutte, e in qualche modo le sostituisce, in un solo scatto. Un po’ come avvenne nel 1972 in Vietnam quando un fotografo ritrasse una bambina di nove anni che fugge nuda, ustionata dal napalm. Si chiama Kim Phuk quella bambina che oggi ha 52 anni  e vive in Canada, dove  lavora per l’Unesco. Al fotografo che la ritrasse, quella foto valse il Premio Pulitzer; ma ci vollero altri tre anni a che la guerra in Vietnam avesse fine, con la caduta di Saigon. L’ipotesi più recente e autorevole, avanzata in merito alla durata dell’esodo, ovvero dei drammatici e massicci flussi migratori verso l’Europa, in atto ai giorni nostri, parla di altri venti anni. Cioè non sarà quella terribile foto scattata sulla spiaggia turca a fermare chi fugge da fame, guerre e miserie, quantunque essa abbia contribuito ad allentare la rigidità delle politiche di accoglienza da parte di alcuni paesi europei. Ma anche in questa attuale fase di maggiore disponibilità e sensibilità  nei confronti dei migranti,esistono distinguo e perplessità. Gli stati europei sono pronti ad accogliere, ma soprattutto, e specificandolo pure, soltanto siriani, ovvero l’infinitesima parte dei profughi che arrivano sulle coste italiane e greche o che risalgono verso l’ Europa centrale con ogni mezzo dal Medio oriente. Tra venti anni, di questo passo, il travaso; esodo o invasione che dir si voglia, avrà raggiunto la ragguardevole cifra di cinquanta milioni di unità. L’occidente europeo sarà letteralmente travolto; non già da una irreversibile e inevitabile mutazione etnica, quanto dalla impossibilità di garantire ai migranti tutto quello che viene immediatamente dopo la liturgia dell’accoglienza; e questo già a partire dall’immediato presente. L’inaspettato slancio umanitario della Germania,alla luce della disponibilità ad accogliere e sostenere profughi siriani, lascia vedere in controluce una lungimiranza mirata a una selezione etnica come profilassi per la conservazione, sia pure non integrale, della propria etnia.

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La Germania potrà dire di aver già dato, non ponendo adesso limite alcuno all’accoglienza di siriani, quando gli arrivi di migranti dall’Africa si faranno ancora più intensi. La popolazione della Siria raggiunge circa 30 milioni di abitanti; nell’intero continente africano vivono un miliardo e centomila esseri umani, ripartiti in 54 stati. In qualche modo, l’ex “Terzo Reich”, nella prospettiva, sta limitando preventivamente gli effetti collaterali di una mescolanza che porterebbe inevitabilmente, nel corso di un secolo, a una mutazione etnica irreversibile della sua popolazione. Qualcosa che ha direttamente a che vedere con i concetti di razza che furono le fondamenta dell’ideologia nazista; che la globalizzazione ha definitivamente abbattuto. Forse è questo quanto pervade le scelte odierne del cancellierato germanico che ha, si, necessità di riempire le culle, ma con l’apporto di un gruppo etnico il più possibile affine. Non africani dunque; ma siriani. Resteranno sul tappeto le questioni e le diversità sul piano culturale e religioso, ma quelle sono problematiche risibili laddove uno stato, come la Germania, non ha l’influenza di una Chiesa fortemente radicata com’è in Italia. Per quanto possa apparire paradossale, soprattutto nel nostro Paese, più alto è il numero di italiani che vivono sotto soglie di povertà, indigenza e disoccupazione a livello africano, maggiori sono lo slancio e lo sforzo economico spesi nelle politica di accoglienza. Meno garantiti sono i diritti fondamentali dei residenti, più è alta la disponibilità a espanderli ai profughi; più si tassano i cittadini e meno servizi si offrono; quei pochi che lo Stato mette a disposizione, li si deve condividere a titolo gratuito con chi giunge in Italia; rifugiati, migranti o clandestini che siano.  La massa dei diseredati della terra va ingrossandosi vertiginosamente con i cittadini i cui paesi hanno ceduto o perso sovranità e quelli di altri stati dove è in atto una sistematica messa in fuga delle popolazioni. Mai uno dei mondi conosciuti, come l’Europa occidentale, è stato così diviso tra bianco e nero in attesa che si mescoli a sua volta divenendo soltanto nero. Ciò è biologicamente inevitabile. Le culle sono vuote in Italia, la denatalità è in fortissimo e costante aumento, eppure uno dei problemi più assillanti sembra essere quello di garantire l’unione tra esseri umani dello stesso sesso; non già quell’altro di creare le condizioni, economiche e lavorative, a che gli italiani tornino a procreare. Dal “bonus bebè” al diritto dell’unione fai da te che, nella migliore delle ipotesi, può dare soltanto il generoso frutto dell’amore tra due donne oppure due uomini. Non vedere cosa sta realmente accadendo in Italia; ignorare i tragici e irreversibili mutamenti cui essa sta andando incontro; guardare da un’altra parte dinanzi al grido di dolore quotidiano delle famiglie, dei giovani, dei lavoratori e degli imprenditori che non ce la fanno più sotto il peso di una crisi che sta raggiungendo la soglia dei dieci anni, è tirannia; crudeltà. Il rimedio delle riforme per come le intende Matteo Renzi per fare ripartire l’Italia, hanno l’inconfondibile sapore di un amore molesto. Le Immagini che possano rievocare i colori del lungo tramonto che ha investito il nostro Paese, sono sempre più rarefatte; quelle che si rendono disponibili e riescono a passare il filtro delle censure e auto-censure degli organi d’informazione italiani, non vanno oltre il limite della temporanea e passeggera indignazione. Se si mescola l’alleluia con la musica de “Il padrino” durante una funzione funebre, al prete non succede nulla e tantomeno al sindaco se quella stessa funzione religiosa si trasforma in una pubblica parata. Se qualcuno cui hanno straziato i genitori in una casa troppo vicina a un centro d’accoglienza per immigrati, si duole per non aver ricevuto neppure un whatsapp da chi avrebbe il dovere della solidarietà; ci si spingerebbe sino ad affermare che il premier non aveva credito nel telefonino per farlo. Tace l’Italia; così come tace l’Europa, ma forse perché non c’è nulla da fare quando i tuoni annunciano che il temporale si avvicina. Attenzione però; ad avvicinarsi potrebbe essere molto meno che un temporale e molto più di un diluvio; quanto sta accadendo in occidente è una nuova Babele o comunque qualcosa che porterà per l’ennesima volta l’umanità verso tragiche conseguenze.

Antonella Policastrese

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