Sardus Pater, forse

di Mariano Abis

Stralcio del romanzo Sardus Pater di Mariano Abis

“Preferiscono favorire la popolazione, piuttosto che pagare tasse che ritengono troppo esose. E quelle ceste, piene di pesci, pane, carne e uova, divengono sempre più leggere, con grande gioia dei piccioccheddus de crobi, i ragazzini portatori di corbulas, che li accompagnano. Senza che nessuno abbia deciso niente, il corteo di gente, sempre più numerosa, inconsciamente, si dirige verso la manifattura tabacchi, dove lavorano le sigaraie, che hanno dimostrato di essere le più decise, nel corso degli scioperi e delle manifestazioni dei giorni precedenti. Ben sapendo che gli operai della manifattura, e soprattutto le sigaraie, sono i più combattivi, e immaginando che un’agitazione così non può prescindere dalla loro presenza, alcuni drappelli di carabinieri, danno man forte alle guardie municipali, per presidiare quella zona. Vogliono impedire che il corteo, che durante il tragitto è diventato imponente, si ingrossi ancora di più, per giunta con le persone che hanno dimostrato più di tutti grande decisione e radicalismo. I dimostranti vogliono entrare nella manifattura, e le forze dell’ordine sono apposta là, proprio per contrastarli. E tra grida, fischi e imprecazioni, e qualche scaramuccia, le sigaraie sentono il gran baccano, e forzano loro stesse, il cordone dei militari. Questi reagiscono, e si verifica una sorta di piccola guerra cittadina, alcuni, da ambo le parti, restano feriti e sanguinanti. Vedere donne ferite fa infiammare definitivamente gli animi. La gente non vede più nulla, tanta è la rabbia.”

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Sardus PaterQuesto è uno stralcio del mio romanzo Sardus Pater, ormai terminato, e al quale sto lavorando per integrarlo con alcune illustrazioni.
Perchè scrivere un romanzo?
Perchè scrivere questo romanzo?
La storia, e nella fattispecie quella sarda, è assodato, è stata scritta e raccontata dalla borghesia, più o meno illuminata.
E allora perchè non scrivere un romanzo che cerchi di vedere gli avvenimenti dalla parte, per una volta, degli oppressi?
Oltre duecento anni di storia popolare, si parte a ridosso degli anni successivi a quella straordinaria manifestazione di coinvolgimento popolare che è stata la rivoluzione francese.
Pur con i dovuti distinguo e precisazioni, riguardo a chi ha veramente perso la decisione perchè essa potesse avvenire.
La narrazione termina nei primissimi anni del millenovecento.
Il filo conduttore che lega i vari passaggi è riferibile ad una famiglia di pastori ogliastrini, e si interseca con la grande storia vissuta in quei due secoli dal popolo sardo, quello emarginato e asservito suo malgrado.
Il titolo del libro, sardus pater, è doppiamente giustificato, il termine è riferibile sia al capostipite di quella famiglia, che ad una scultura che, se veramente esiste o è esistita, ha un valore inestimabile, perchè unica al mondo, nel rappresentare il padre di tutti coloro che abitano la meravigliosa terra di sardegna.
Pezzo unico, non ne esistono altre.
Non esistono copie.
E seppure la società sarda, ineluttabilmente matriarcale, ha rappresentato la dea madre in svariate forme, si suppone che la rappresentazione del sardus pater sia non replicata.
E la storia si dipana, in una sua sezione, all’interno della grande avventura che ha certificato la volontà di auto determinarsi della nostra gente.
La cacciata dei piemontesi, le interferenze francesi, la grande valenza culturale dei cantadores, autentico ed unico strumento di informazione di popolo, i soprusi di barones e istranzos, la sconcertante fine della rivolta su quel ponte sul tirso, a due passi da aristanis, che ha visto contrapporsi poveri contro oppressi, nell’etorno gioco del potere, a scapito della gente, divide et impera.
Viaggiando attraverso l’isola, mi emoziono sempre quando mi trovo in località che hanno visto la nostra storia di popolo.
Le bardane, lo spirito ribelle del popolo sardo, capace di sollevarsi contro le ingiustizie, ma mai propenso alla rivoluzione.
Il banditismo.
Su connottu.
La capacità di decidere che se non esiste possibilità che la gente si auto determini, lo si deve fare individualmente, o con l’appoggio di pochi patrioti.
Buggerru, che immensa tragedia.
La rivolta del pane di casteddu.
Un popolo affamato si ribella, cosa pretende il potere, che non si ribelli?
E poi, infine, lo squallido comportamento del potere, mai realmente a favore della gente.
Storia antica, oltre che universale.
Perchè ho scritto questo romanzo?
Niente preamboli, niente spiegazioni macchinose, lo ho scritto per consegnare alla gente sarda una parvenza di orgoglio popolare, per dimostrare che il potere è sempre malvagio, che quegli atti di ribellione, oggi, si devono ripetere, che oggi, ci si deve auto determinare, punto e basta, il popolo sardo si deve liberare, capito?
Vorrei che questo romanzo fosse presente nelle case di tutti i sardi, non è vanagloria, no, è bisogno di cercare di stabilire una identità, bisogno di dare il mio modesto contributo a che ciò avvenga, senza quella scordiamoci di essere un popolo.
Farò uno sforzo economico con le mie, ahimè, miserevoli capacità economiche, ne stamperò delle copie cartacee, le distribuirò con lo scopo di diffonderlo e non di lucrare, lo ristamperò più volte se sarà necessario.
Parte del ricavato andrà a beneficio di quel progetto, al tempo stesso fantastico e concreto, che risponde al nome di movimentu de liberatzioni natzionali sardu.

Mariano Abis

Mariano Abis

Sardus Pater, forse
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