Hikikomori, una intera generazione a rischio

di C. Alessandro Mauceri

dazebaonews

Giappone

ROMA – C’è un fenomeno che in alcuni Paesi, come il Giappone o gli Stati Uniti d’America, è considerato un serio problema e che, stando a quanto affermato da studi recenti, è in netta espansione anche in Italia. È quello degli “hikikomori”. In giapponese il termine “hikikomori” significa “ritiro”.

Questo termine venne scelto dal dott. Tamaki Saito, direttore del Sofukai Sasaki Hospital di Tokio, una struttura ospedaliera dove per la prima volta venne individuato questo fenomeno.

Cosa sono, o meglio, “chi” sono gli hikikomori? La cosiddetta “sindrome di Hikikomori” è una dipendenza che riguarda prevalentemente giovani e adolescenti che non socializzano più con nessuno e vivono una vita completamente asociale, trascorrendo tutto il tempo a loro disposizione attaccati ad un computer. I primi casi di quella che molti ritengono potrebbe diventare uno dei problemi sociali del secolo si verificarono in Giappone, nella seconda metà degli anni Ottanta.

Oggi, nel Paese del sol levante, gli hikikomori sono oltre un milione, l’ 1% della popolazione, il 2% degli adolescenti: ormai sono un problema culturale e sociale. Si tratta di ragazzi che si estraniano dalla vita sociale “restando svegli la notte e dormendo il giorno, cominciando via via a evitare le relazioni reali, lo sport o altre attività all’aperto”, spiega Valentina Di Liberto, sociologa e presidente della Cooperativa Hikikomori di Milano. Stanno chiusi nella propria stanza da cui escono solo quando sono certi che tutti gli altri sono assenti. Gli hikikomori cercano in tutti i modi di evitare ogni “confronto diretto, non c’è un impatto emotivo né i giudizi, spesso spietati, dei compagni di classe”. Il loro unico sfogo sono il computer e la “rete”, l’unico rapporto sociale che possono controllare: “ci si può scollegare quando si vuole, decidere con chi connettersi, gestire la comunicazione”. A questi soggetti, solo l’isolamento e Internet offrono la “sensazione di controllo che non c’è invece nella vita reale”.

Le conseguenze di questo comportamento, a volte, sono drammatiche: “Prima ci si ritira dalla scuola, poi dalla scena sociale”, spiega Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta. Anche i “sintomi” di quello che potrebbe diventare un grave problema, spesso sono interpretati male: i giovani cominciano a manifestare mal di pancia e mal di testa. Solo dopo, quando però la situazione è ormai grave, ci si accorge che, in realtà, stanno cercando di fuggire da un ambiente scolastico e da una realtà che vivono come un incubo. Non a caso, in Giappone, uno dei primi sintomi dell’hikikomori è proprio l’abbandono scolastico.

Anche in Italia, il primo campanello d’allarme lo ha dato proprio il tasso di abbandono scolastico, che è superiore alla media europea e in crescita (tra il 2011 e il 2014, 167mila ragazzi hanno rinunciato al diploma). E, secondo gli esperti della Fnomceo (la Federazione italiana degli ordini dei medici), in Italia oggi i casi di hikikomori sarebbero almeno 240mila tra la popolazione al di sotto dei sedici anni. Si tratta di giovani che fuggono da una realtà sociale per loro troppo difficile da affrontare forse anche a causa della mancanza di un giusto sostegno da parte dei genitori spesso troppo impegnati a sopravvivere ad una crisi economica che, ormai, giorno dopo giorno, sta distruggendo il Paese. In questo modo, quella che inizialmente è solo “crisi economica”, in breve diventa un problema sociale che rischia di interessare un’intera generazione.

Un problema difficile da risolvere prima di tutto perché raramente riconosciuto come tale e, poi, perché esistono pochi “numeri” e pochi dati. Per questo, oggi, nonostante in alcuni Paesi di questo problema si parli già da decenni, non è stato ancora possibile accertare scientificamente le cause (studiosi giapponesi indicano tra queste bullismo scolastico, economia in netta recessione, pressioni scolastiche, madri ossessive e assenti, padri troppo impegnati nell’ambito lavorativo, e molto altro ancora). Per contro sono ben chiari gli effetti di quella che sta diventando una vera e propria epidemia. I giovani rifiutano il rapporto con gli altri (almeno il rapporto reale) e finiscono per isolarsi e per sviluppare un mondo ideale, virtuale privo di angherie, di delusioni e di ostacoli. Un problema serio e che potrà avere nel prossimo futuro conseguenze sociali non indifferenti. Ma, purtroppo, spesso sottovalutato: “Le istituzioni italiane non sembrano preoccuparsi ed è un limite evidente, giacchè la realtà sociale è fatta anche e soprattutto di queste problematiche, con un’espansione clinica che valutiamo quotidianamente” dicono i medici della Fnomceo.

Un fenomeno, quello degli hikikomori, che è in continua crescita e che comincia ad essere diffuso anche negli USA, nel Nord Europa e, soprattutto, in Italia: proprio per individuare le cause e le possibili soluzioni a questo problema, da anni ricercatori di alcune università italiane (tra cui l’università di Palermo) sono in contatto con il dott. Tamaki Saito. Ma ciò che più di ogni cosa dovrebbe preoccupare è che il loro numero dei casi è in costante aumento. E molte scelte sociali o commerciali non fanno che peggiorare la situazione. Con conseguenze che dovrebbero preoccupare: molti di quelli che nella vita reale hanno paura della società, poi una volta sulla rete, nei social network o “su Internet, diventano aggressivi o trasgressivi”, dice la Di Liberto.

C. Alessandro Mauceri

CAlessandro Mauceri

 

 

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